Advertising

Connect with Firenze Made in Tuscany

Sign up our newsletter

Get more inspiration, tips and exclusive itineraries in Florence

+
25 Giugno 2018

Waterbones

Datemi un ‘osso d’acqua’ e vi cambierò il mondo. Lo spazio ricreato da Loris Cecchini sulla facciata di Gallery Hotel Art

Dal Museo Novecento a Forte Belvedere e da Palazzo Strozzi alla Collezione Casamonti è un fluire continuo di sperimentazioni e allestimenti che rendono Firenze sempre più protagonista dell’arte contemporanea e che trovano nel reticolo d’acciaio che copre la parete-atelier del Gallery Hotel Art di vicolo dell’Oro, la sua sintesi ideale.

Sono proprio quei Waterbones - cangiante archi-scultura di 19 metri per 7 - di Loris Cecchini, artista tra i più significativi della scena internazionale, che inglobano e rilanciano, nel loro interminabile divenire la vicina Prato. La città quest’anno celebra i 30 anni del Centro Pecci affidandosi proprio alle ingegnerie dell’artista milanese di nascita, senese di formazione e cittadino del mondo per vocazione.

Mentre una delle sue aziende leader nella ricerca di tessuti innovativi, la Manteco, per festeggiare 75 anni ripropone su tessuto le ‘ossa d’acqua’ di Cecchini. Moduli d’acciaio che Cecchini si diverte ad articolare nelle fogge più diverse. Ricordano ossi, trine, ragnatele, onde. È acciaio ma riesce ad assumere il calore di forme vive. “In realtà ossa d’acqua è un ossimoro - ammette l’artista - è un titolo poetico per garantirmi una sorta di libertà morfologica. Uso i moduli in aggregazione diversa”.

Scusi, significa che ciò che vediamo sulla parete del Gallery Hotel Art è un pezzo unico e forse non ripetibile se non lì?
‘Usare il modulo mi offre grandi possibilità. Questo poi in acciaio vive dei riflessi di luce e quindi è un valore aggiunto. Io uso il modulo come ho fatto al Fondaco di Venezia, ma anche alla Galleria Continua a San Gimignano. Il modulo mi consente di cambiare forme e dimensioni che adatto allo spazio che ho a disposizione. Il mio rapporto con l’architettura è molto forte. E non solo. Il modulo mi permette di far esplodere la forma in senso particellare, assecondando così l’ambiente.’

Per uno che ha studiato anche a Firenze e che si sente parte integrante della cultura toscana, il riferimento a Brunelleschi è naturale: l’architetto del ‘400 usava il modulo, il cubo, per contenere lo spazio, per adattarlo all’uomo. Cecchini invece fa un’operazione inversa, lo usa per amalgamare, dilatare, distorcere lo spazio o l’architettura obbligando l’osservatore a guardarsi attorno con occhi diversi. Palazzi che si trasformano, piazze che cambiano d’improvviso dimensione. “L’architettura è parte integrante della mia ricerca. E comunque con i miei moduli posso creare forme delle più diverse. Sono ossa d’acqua? E perché non coralli e perfino particelle molecolari?”
Scienza, arte, scultura, architettura, ma anche fotografia. Non abbandona mai niente, tutto gli serve per creare e andare oltre. Anche quando usa bolle d’aria ora come bolle di sapone e ora come microcosmi abitativi.

Oggi fa rifrangere la luce che segna il trascorrere del tempo nel pur limitato spazio di vicolo dell’Oro, e domani?
“L’installazione al Gallery Hotel Art rientra in un progetto più ampio che vede coinvolto il Centro Pecci per i 30 anni della fondazione e l’azienda tessile pratese Manteco che invece celebra i 75 anni di attività ed è una delle eccellenze italiane nel campo dei tessuti. Farò poi una mostra di soli acquerelli che sarà allestita a Ginevra, ho poi due progetti in Cina, uno col governo e l’altro con una grossa azienda, poi a luglio sarò ad allestire un intervento a New York e poi Milano, Roma... e ancora Prato con un nuovo progetto modulare permanente”.

Impegnatissimo, e corteggiatissimo, visto che le sue quotazioni scavalcano facilmente le cinque cifre. E non è facile sperare neanche nel catalogo, già un must have, creato apposta per questo allestimento in collaborazione con Manteco che ha creato la stoffa, su disegno di Cecchini, per la copertina e il curatore del Centro Pecci Stefano Pezzato che racconta il lavoro modulare dell’artista.

Un futuro aperto al mondo, ma ha lasciato Berlino ed è tornato a vivere in Toscana. Qual è il suo rapporto con questa terra?
“Vivo tra Siena e Firenze, in attesa di aver completato il mio studio a Milano dove poi farò base. E’ in questa terra che affondano le mie radici. Sono milanese di nascita ma quando avevo 7 anni venni a vivere a Siena. E’ la città dove sono cresciuto, ho studiato, in parte anche a Firenze. Ho uno stretto rapporto con San Gimignano e la sua Galleria Continua (dove si avvicenda la sua ricerca ndr), a Prato dove ho lavorato ed esposto al Pecci, Firenze dove nel 2011 allestii il cortile di Palazzo Strozzi. Dopo l’esperienza berlinese sono molto più legato alla nostra storia, anche se come artista non posso che seguire la mia curiosità. La Cina, il Giappone, offrono dei punti di osservazione diversi e molto stimolanti”. 

Inspiration

Connect with Firenze Made in Tuscany