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Marta Innocenti Ciulli

13 Gennaio 2016

Marco de Vincenzo al Pitti Uomo 89

Incontro con il giovane talento della new wave italiana

Classe 1978, arriva da Messina il “bravo ragazzo dello stile”. Una carriera insolitamente lineare e fulminante, primo della classe al liceo classico, si trasferisce a Roma per il diploma in Moda e Costume all’Istituto Europeo del Design, e a 21 anni  come  suo primo impiego entra a far parte del team dell’ufficio stile di Fendi.

Inseparabile assistente  di Silvia Venturini Fendi nella linea accessori dal 2000, ha però una magnifica ossessione: disegnare abiti. Degli anni in Fendi racconta che è stato magnifico, che ha imparato tutto quello che occorre sapere per realizzare un progetto e che in quella fucina , ha potuto operare in totale libertà creativa.  Ancora oggi per Fendi ricopre il ruolo di leather goods head designer che affianca però alla sua etichetta di abbigliamento.

Debutta a Parigi nel 2009 durante la Haute Couture ed è dello stesso anno il primo premio del concorso Who is on Next?. Da questa data Marco de Vincenzo è un appuntamento fisso nel calendario della settimana della moda milanese. Il recente accordo con il gruppo Lvmh conferma che il suo sarà un futuro luminoso. 

Come schizzare il suo stile? Fra minimalismo e decorativismo, innovazione materica quindi ricerca continua di materiali anche borderline, silhouette verticale e asciutta, e colpisce la sobrietà di una nuova eleganza che non è esagerata e non distorce il corpo delle donne. Colori aerografati, spalmature metalliche, grafica surreale.

Ben volentieri lo vedremo in questi giorni al Pitti Uomo come Womens Wear Guest Designer in una sfilata che per l’occasione riaprirà le porte di un teatro, il Niccolini, molto amato dai fiorentini.

Studente allo IED di Roma. Il valore delle scuole?
Un valore fondamentale. A scuola si scopre di non essere da soli, coltivando sogni comuni. 


Lei ha esordito a Parigi durante la Haute Couture. Perché ha scelto la Haute Couture?

Per necessità. Volevo visibilità ma non avevo ancora un progetto industrializzabile. Quindi potevo solo contare sulla creatività. 


Who’s on Next? È stato il suo trampolino di lancio. Cosa è successo dopo?

Tutto ciò che mi ha portato fino a qui. Il prêt-à-porter, la crescita, le difficoltà, la scoperta di essere più tenace di quanto pensassi.


Differenza fra couturier e designer.
Credo che couturier sia un termine desueto. Designer è la parola che meglio definisce la figura versatile di chi fa un lavoro creativo oggi.


Parla spesso di codici. Che cosa intende e quali sono i suoi?

I codici sono il linguaggio che usi per raccontare la tua storia. Io utilizzo il colore, la matericita’, l’eccentricità.


Dieci anni nella maison Fendi. Gioie e dolori.
Solo gioie. Solo esperienza. Solo opportunità. 

Il passo dall’accessorio all’abbigliamento
Naturale. Dopo 10 anni avevo voglia di vivere la moda a 360 gradi.


Cosa è per lei la creatività?

Un privilegio. La capacità  di trasformare le cose senza avere paura di condividere il tuo punto di vista con gli altri.


Cosa vuol dire per il suo lavoro siglare un accordo di jv con il colosso Lvmh? 

Più serenità e più visione. 


Si dice che abbia molta conoscenza sui materiali. Quali sono i preferiti e perché.

Non ho materiali preferiti. Stimolano tutti la mia creatività, ognuno al momento opportuno.


Come immagina la donna che  compra i suoi vestiti?
È una collezionista di abiti speciali. Ha un guardaroba eterogeneo, non segue le tendenze ma solo il proprio istinto e la propria emotività. 


Appartiene alla new wave degli stilisti ora in ascesa, come anni fa fu per il gruppo di Anversa, fra voi riuscite a parlarvi, scambiare esperienze?

Si. E ne abbiamo di comuni. Sappiamo di condividere una responsabilità importante, che è quella del ricambio generazionale, ma non vedo stress in nessuno di noi. 


Le piace “il bravo ragazzo dello stile”? In che cosa è bravo?

Forse sono bravo a difendere la mia normalità. In fondo non mi sento così diverso dal ragazzo di scuola. 

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