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colin firth

text Giovanni Bogani
photo Matt Holyoak

5 Marzo 2020

Colin Firth, il re parla Toscano

Sul suo amore per la Toscana e molto altro. Il celebre attore si racconta

Il vero discorso del re, Colin Firth lo ha tenuto la notte degli Oscar. E non gli tremava la voce. Anche se in quel momento, in quei 45 secondi, tutta la sua carriera, tutta la sua vita scintillavano di una luce nuova.  Bisogna essere forti, quando certi critici ti dicono che il tuo pubblico saranno solo le romantiche signore inglesi un po’ stagionate. Perché non sei bello e dannato, ma composto, con un fisico da atleta e uno sguardo dritto, di uno che non sa mentire. Chissà cosa gli passava davanti agli occhi, in quei 45 secondi a questo ragazzone inglese cresciuto ovunque nel mondo, dall’Africa nera al Missouri.

All’attore con quell’imbarazzante maglione con le renne, la prima volta che incontra Bridget Jones e che stava lì, rigido e fiero, accanto al dinoccolato e disinvolto mascalzone Hugh Grant. Colin Firth tifoso dell’Arsenal in Febbre a 90°, Jan Vermeer che dipinge la ragazza con l’orecchino di perla, icona di stile, impeccabile George Falconer  nello splendido A Single Man di Tom Ford e adesso insuperabile re Giorgio VI ne Il discorso del Re,  re  balbuziente, che sfida se stesso e le sue paure per parlare di dignità e  libertà nella lotta contro Hitler. 

Pochi giorni prima degli Oscar, a Hollywood hanno scolpito il suo nome su una stella della Walk of Fame, tra Charlie Chaplin e John Ford, su Hollywood Boulevard. Poi, la consacrazione dell’Oscar. E nel discorso più importante della sua vita, Colin Firth ha ritagliato un bel po’ di quei 45 secondi per la moglie, l’anglo-italo-americana-canadese Livia Giuggioli

“Da quando l’ho conosciuta - dice alle telecamere - tutto quello che mi è successo di bello è accaduto grazie a lei. A lei devo tutto quanto”. Anche il suo rapporto con l’Italia, e in particolare con la Toscana, è nato per amore. E’ stata Livia, toscana di padre senese, produttrice cinematografica, impegnata nell’ecologia, nel sociale, nelle battaglie per i diritti civili, che Firth ha sposato nel 1997, a fargli conoscere questa terra.

Tra le altre cose, Livia è impegnata in una battaglia per impedire l’uso del sodio tiopentale, utilizzato per le iniezioni letali negli Usa. Da Livia, Colin Firth ha avuto due figli: Luca, dieci anni, e Matteo, sette. In Italia hanno anche una casa, in Umbria. L’estate scorsa, Colin ha visto per la prima volta il Palio di Siena, ospite della contrada del Nicchio. Ma, parlando con lui, abbiamo scoperto che la sua presenza in Italia non è affatto episodica. 

Colin Andrew Firth (Grayshott, 10 settembre 1960) è un attore e produttore cinematografico inglese con cittadinanza italiana

Mr. Firth,  quanto tempo passa realmente in Italia?

Tranne qualche breve viaggio a Londra, io in Italia ci vivrei. Comunque ci vengo ad ogni opportunità, e di solito per tutto il tempo delle vacanze scolastiche. 

Che cosa ama dell’Italia?

La conosco troppo bene per essere ingenuamente romantico. L’arte italiana, la moda, la cucina le amavo già da prima. Ma amo soprattutto la letteratura italiana, quella che non conoscevo prima di venire qui. 

Per esempio? 

Da ragazzo leggevo Calvino, Primo Levi, Pirandello. Ma non conoscevo la letteratura italiana. Noi anglosassoni conosciamo più l’arte italiana, la moda, le auto, la cucina… Ma venendo in Italia, ho conosciuto un mondo della letteratura straordinario, e me ne sono innamorato.

Ha recitato in numerosi film di successo quali Il diario di Bridget Jones, La ragazza con l'orecchino di perla, Love Actually - L'amore davvero, L'importanza di chiamarsi Ernest, A Single Man, Mamma Mia!, Un matrimonio all'inglese e Il discorso del re.

Come ha fatto a imparare l’italiano così bene?

Ho pensato che non potevo parlare con mia moglie solo in inglese! E anche i miei figli, adesso, sono italiani. Quindi, sono un po’ italiano anch’io!. 

Di Firenze che cosa le piace?

Non vengo mai a Firenze senza andare all’Accademia: non solo per il David, ma anche per i Prigioni di Michelangelo. Una delle cose più interessanti nel mondo in assoluto. Anche, o proprio perché, non sono finiti. Ma per me, la cosa più interessante è girare senza meta, prendere un caffè, fare una piccola passeggiata a caso. E a Firenze ho fatto questo: giro nelle stradine, scopro i ristoranti. 

Che ristoranti ha scoperto?

Uno splendido, vicino alla giostra di piazza della Repubblica, ma non ricordo il nome.

Ma avrebbe voglia di girare con qualche regista italiano?

Certamente sì! Giuseppe Tornatore mi interesserebbe molto, Giuseppe Piccioni, anche. Ho cercato di lavorare con Liliana Cavani, e spero che un giorno accada. Ma anche registi come Marco Tullio Giordana e Matteo Garrone mi entusiasmano, e mi piacerebbe un giorno lavorare con loro. 

Parlando di altri inglesi illustri in Toscana, è mai andato a trovare Sting nella villa il Palagio?

Non mi ha ancora invitato!, ride. 

E Tony Blair, quando fa le sue vacanze in Toscana, lo incontra?

Tony Blair? No, grazie, preferisco di no.


Intervista tratta dal numero 18 di Firenze Magazine

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