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Antonio Paolucci

text Francesca Lombardi photo Valentina Stefanelli

5 Febbraio 2024

I Musei Vaticani visti dal grande storico dell'arte Antonio Paolucci

La nostra intervista all'ex direttore del museo nazionale della Città del Vaticano

Antonio Paolucci, storico dell'arte, è stato ministro per i beni culturali e ambientali dal 1995 al 1996 nel governo Dini, soprintendente per il Polo Museale Fiorentino e direttore dei Musei Vaticani dal 2007 al 2016. Dopo la Laurea in storia dell’arte nel 1964 con Roberto Longhi, inizia la sua carriera nell’Amministrazione statale e nel mondo delle Soprintendenze. In occasione della sua scomparsa, lo ricordiamo con una bella intervista in cui ci accompagna attraverso i Musei Vaticani: il suo punto di vista come Direttore ma anche come raffinato esperto di arte.

Un luogo speciale, immenso, dove la bellezza si fonde con la maestosità di Roma, dove il tempo sembra fermarsi in nome dell’armonia dell’arte, dove anche la luce s’ inchina alle forme scolpite e dipinte dei grandi Maestri del passato. Sono i Musei Vaticani e noi li abbiamo visti guidati da un mentore altrettanto speciale, il direttore Antonio Paolucci. Non rubiamo un altro rigo alle sue parole.

Perchè Musei Vaticani?

All’ombra della cupola di San Pietro i manufatti degli aborigeni australiani o gli arredi di culto dei neri del centro Africa stanno accanto ai capolavori di Raffaello di Michelangelo. La Chiesa ha sempre voluto che i suoi musei rappresentassero la pluralità e la varietà delle culture artistiche, intendendo in tal modo significare la complessità dell’uomo in quanto tale, dell’homo faber...

Uno dei corridoi dei Musei Vaticani

Quali culture, oltre quella italiana e europea, rappresentate qui l’affascinano di più?

Mi affascina proprio questa universalità della Chiesa: Cattolica dal greco antico, universale appunto. E’ questa la meraviglia. Nessuno può dire di conoscerli fino in fondo: io stesso che sono direttore da anni e vengo qui fin da ragazzino, se dicessi che conosco tutto dei Musei Vaticani direi una bugia. Non basta una vita, non bastano più vite per conoscere questi musei che rappresentano la civiltà umana nella sua totalità.

Il Beato Angelico della Cappella Niccolina,che lei ama molto…

Qui posso dire di essere un po’ a casa: se vi guardate intorno potete vedere i ritmi, i colori, le proporzioni che sono proprie del Convento di San Marco a Firenze, oggi Museo, con gli affreschi del Beato Angelico. Non cito a caso il Convento: questa Cappella fu fatta su volontà di Tomaso Parentucelli, grande intellettuale, bibliografo, filosofo, grazie al quale  - nel Concilio del 1439 a Firenze - si riunì per una manciata di anni la chiesa di oriente e quella latina. Questo cardinale era amico di Cosimo de’ Medici, ricchissimo banchiere che aveva finanziato la costruzione del Convento di San Marco. Per organizzare la bellissima biblioteca tri-lingue del Convento , Cosimo chiamò a Firenze l’amico Tomaso Parentucelli, poi papa Niccolò V. Il cardinale rimase qui per mesi a scegliere e organizzare le sezioni e i testi. Fu durante il suo soggiorno fiorentino che conobbe sicuramente il Beato Angelico, priore del Convento. E rimase così affascinato dai suoi affreschi che quando diventò Papa lo chiamò a Roma, per la sua cappella personale. La cappella fu inaugurata nell’anno del grande Giubileo. Il Papa veniva qui a pregare, era quindi un luogo riservato e privato e Beato Angelico, uomo di profonde convinzioni religiose, si sarà sentito particolarmente onorato di affrescare il luogo di meditazione del Papa di Roma. Fu lo stesso Papa a chiedere che la cappella sia affrescata con le storie dei Santi diaconi, Stefano e Lorenzo. Di questa cappella colpisce la prospettiva scenica: Beato Angelico in alcune scene sembra già Piero della Francesca. Stefano e Lorenzo erano due santi che sapevano parlare e li rappresenta mentre dialogano con l’imperatore, con il popolo, con il Papa... L’eloquenza era il dono di Papa Niccolò V e è proprio questo dono che Beato Angelico celebra in questo meraviglioso gioiello dei Musei.

Dettaglio della Cappella Niccolina

I Musei Vaticani custodiscono anche il capolavoro del Pinturicchio ?

Alla fine del 1400 papa Alessandro VI fece rinnovare e abbellire sei grandi stanze dei Palazzi Vaticani, l’Appartamento Borgia. I lavori di decorazione interna vennero affidati al Pinturicchio, che si avvalse di un cospicuo gruppo di collaboratori, tanto da terminare i lavori in un arco di tempo che va dell’autunno 1492  al 1494, terminati quindi forse già in sua assenza. L’impronta delle sei stanze - scrigno di decorazioni preziose e raffinate, con un alternarsi di grottesche e pittura fortemente speziata e carica di colore, in cui brillano i riflessi dell’oro su pareti e soffitti -  è quella voluta da Pinturicchio che probabilmente lega le suggestioni della sua visita alla Domus Aurea con il gusto per l’ornato di matrice ispano-moresca delle origini del committente. L’iconografia delle sei stanze  fonde la dottrina cristiana con continui richiami al gusto archeologico allora in voga a Roma. Un altro gioiello - diverso alla Cappella Niccolina, luogo di meditazione e di celebrazione del sapere e dell’eloquenza - ma ugualmente affascinante nel suo sfarzo. Oggi gran parte delle stanze sono destinate all’esposizione della Collezione d’Arte Religiosa Moderna, voluta da Paolo VI nel 1973 per ovviare il divorzio tra arte e chiesa dell’era moderna. La Collezione comprende più di 1500 opere di pittura, scultura e grafica, frutto di donazioni di artisti contemporanei italiani e stranieri: vi si trovano anche opere di Gauguin, Chagall, Klee e Kandinskij e molti altri…

Un volo d’angelo nella Pinacoteca..

Le dico tre nomi e tre opere: il Trittico Stefaneschi di Giotto di Bondone,  La Deposizione di Caravaggio, La Trasfigurazione di Raffaello. Raffaello nacque il 6 aprile del 1483 e morì sempre il 6 aprile del 1520: si racconta che dette le ultime pennellate al volto del Cristo prima di morire. Tutta Roma pianse al corteo funebre , vedendo lui – che era un uomo bellissimo – morto e la sua opera così viva.

La Cupola vista dai Musei Vaticani

La Cappella Sistina: una sua personale visione di un capolavoro conosciuto in tutto il mondo

Si entra qui per la Volta e il Giudizio Universale di Michelangelo. Michelangelo, artista immenso, fu un uomo particolare:  iroso e avaro, ai limiti della patologia, si dice vivesse con mezza pagnotta e un paio di pantaloni di pelle di cane che non toglieva mai… Fu un artista divino e la Cappella Sistina è un capolavoro. Ma dopo aver ammirato la Volta, il Cristo Giudice e la Vergine del Giudizio, guardate le pareti ai lati: ci sono Sandro Botticelli, Perugino, Domenico Ghirlandaio, Luca Signorelli… e ho citato solo i più famosi.

Le stanze di Raffaello. La sua preferita?

Visitate la Stanza di Eliodoro con la luce bionda  di un tramonto estivo: è una visione che non dimenticherete . Nella Liberazione di San Pietro dal carcere, notturno di impareggiabile bellezza, ci sono tre fonti di luce – la luna, la torcia accesa, l’angelo che visita la prigione : qui Raffaello è già Tiziano, senza che lo abbia mai visto.

C’è un luogo nei Musei vaticani che considera un po’ suo?

Il Cortile Ottagono. Non solo il Lacoonte, ma anche la Venus, il Perseo Trionfante, Hermes sono presenze quasi familiari. Qui, quando i Musei sono chiusi, mi soffermo a pensare o solo a assaporare la maestà di Roma e la sua anima felliniana.

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