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Irene Grandi
1 Gennaio 2020

Irene Grandi. La nostra ragazza, sempre

Finalmente di nuovo sul palco di Sanremo 2020 con una canzone dedicata alle donne. La nostra intervista

“L’Irene ce l’ha fatta!”. In tanti lo avranno pensato nel quartiere popolare fiorentino di San Frediano, in cui la cantante è nata e cresciuta. “L’Irene”, come la chiamano qui  per quel vezzo tutto toscano di rendere ancora più familiare un nome proprio anteponendo l’articolo, è Irene Grandi, riccioli da angelo e voce nera. Regina alla corte di molti re della musica, ha duettato con tutti i fuoriclasse italiani, da Pino Daniele a Vasco Rossi, da Jovanotti a Bollani.

Sempre alla pari, professionista fra i professionisti, ripagando la fiducia concessa dai tanti big che hanno scritto per lei, con grinta e passione. Non deve essere stato sempre facile: all’inizio era una ragazza carina e esuberante. Sul palco una bomba. Non era difficile trovare serate e suonare nei circuiti fiorentini. Ma Irene voleva  di più e, forte di una gran voce, ha sperimentato incalzanti ritmi soul e sonorità rock, cambiato look come un camaleonte per non diventare una delle tante belle promesse.

La cantante Irene Grandi, sul palco di Sanremo 2020 con il singolo "Finalmente io"

E ce l’ha fatta davvero, Irene. E’ palpabile quando, sinuosa e elegante,  ti ricorda Mina mentre intona la prima strofa di Come Tu mi Vuoi nel video remake del famoso brano degli anni ’60.Tutto, scenografia, luci, look, è perfettamente uguale all’originale. Solo lei è diversa dalla grande Mina, simile alla intramontabile icona solo nella capacità di rendere graffiante un testo che altrimenti suonerebbe dolciastro : sono come tu mi vuoi…come dire non hai scelta, sono tua. E questo è il suo stile.

Partiamo dagli inizi della tua carriera, quando cantavi nei locali fiorentini con il tuo gruppo. Cosa ricordi di quel periodo? La città era più in fermento di adesso? 

Mmh …in realtà è passato un po’ di tempo.  Vediamo, è stata una gavetta necessaria. No di più: è stato un momento personale molto bello, pieno di energia. Suonavo al Be Bop tutti i venerdì o tutti i martedì sera. Poi c’era il Tenax, la Flog qualche volta, le competizioni rock come Rock Contest o Chianciano Rock. Si suonava sempre e  ovunque, per passione. Per me quel periodo ha rappresentato la miglior palestra e quando sono arrivata sul palco di Sanremo la prima volta non avevo nessun imbarazzo, grazie proprio ai cinque anni fiorentini di esibizioni live. Poi ci sono stati tanti compagni di viaggio che hanno reso questo percorso migliore, i fiorentini che hanno fatto qualcosa nella musica e che hanno cominciato con me. Simona Bencini dei Dirotta Su Cuba, Saverio Lanza che adesso suona con Biagio Antoniacci e allora si esibiva al Be Bop come me. Amici, complici in una avventura che poi ci ha portato lontano da Firenze. Ma ogni volta ritrovarsi anche negli appuntamenti a livello nazionale, è stato come ritrovare le radici.

Nata a Firenze e cresciuta in San Frediano, Irene Grandi è legatissima alla sua Toscana

Poi verso Firenze ho sicuramente un debito di riconoscenza: qui, durante una serata, mi ha scoperto Dado Parisini, il mio primo produttore. Da quel momento è arrivato tutto il resto, Sanremo, le collaborazioni eccellenti, gli album, un vortice entusiasmante. 

La città di oggi è come era allora: c’erano tre, quattro locali ma se volevi le occasioni bastava andarle un po’ a cercare. A Firenze, se gratti un po’ sotto la patina, c’è fermento..sempre!

Dopo Sanremo iniziano le collaborazioni con i grandi nomi italiani. Ricordo uno fra tutti, il bellissimo il duetto con Pino Daniele. Già allora passi dal pop al rock con una capacità straordinaria, che investe non solo la voce ma tutta  te. Viene da chiedersi come ci riesci…

Istintivamente sono una cantante, mi piace interpretare i pezzi che scrivono per me. E cambio look, atteggiamento. Anche il mio modo di stare sul palco cambia quando cambio genere. Sono un interprete per natura e questo mi ha spinto a fare continuamente ricerca su nuove sonorità, anche quando i successi ottenuti suggerivano di percorrere strade già battute. Io ascolto di tutto: soul rock, musica brasiliana. E canto di tutto. E’ natura, il mio modo di vivere la musica. Accanto, un inesauribile desiderio di evolversi.

Poi arriva anche il cinema con la regia di un altro toscano eccellente, Giovanni Veronesi.  E’ il segno di un legame forte con la tua terra d’origine?  A proposito abiti ancora in Toscana, vicino a Firenze?

In quel momento, nel’95 il film con Giovanni rappresentava un’opportunità per farmi conoscere a livello nazionale. Anche se mi ero già affacciata nel panorama musicale italiano grazie ai duetti con nomi come Vasco Rossi e Jovanotti, ancora al Sud non ero nota al grande pubblico. Nel film facevo l’angelo custode, oltre a interpretare alcuni pezzi della colonna sonora. Il più noto è il singolo Stai con me. A distanza di anni comunque mi ricordo soprattutto quanto mi sono divertita durante le riprese a Rio de Janeiro, con la troupe. E poi stare in mezzo ai fiorentini mi fa sempre bene: ho cominciato a viaggiare molto presto, sempre con la valigia in mano. E, un po’ come fanno gli emigranti, ho cercato angoli di  Toscana ovunque. Adesso è passata: sarà anche  perché ho casa e radici all’Impruneta con mio marito Alessandro.

Le ultime tue interpretazioni sono raffinate e di nicchia, con sonorità quasi d’antan. E’ sicuramente il caso di Sono come tu mi vuoi e Estate in cui ti confronti con due miti della musica, ma anche di Brucia la città scritto da Francesco dei Baustelle. Come hai scelto questi pezzi?

Io ho sempre privilegiato la musica italiana, anche se ho dato spesso alle mie interpretazioni un taglio più internazionale utilizzando sonorità caraibiche o prese in prestito alla musica nera. Ultimamente si avverte forte la tendenza  a riscoprire la musica del passato, in Italia come all’estero. Ho seguito volentieri questo mood, scegliendo sempre pezzi che si addicono alla mia voce e alla mia interpretazione, con l’intento di valorizzare il nostro passato musicale, apprezzato in tutto il mondo.

L’altra faccia di Irene è l’impegno umanitario. Ti va di parlarne?

E’ un aspetto a cui tengo molto: da diversi anni partecipo a iniziative che raccolgono fondi per l’associazione Marta Cappelli, che supporta i genitori dei piccoli pazienti del Meyer nel periodo di degenza. Il prossimo appuntamento sarà il 27 giugno a Castel di Poggio, un castello del 1200: sono madrina di una serata organizzata da Extraclub. Durante la serata sarà organizzata un’asta, con pezzi degli artisti Giuliano  Ghelli e Gerardo Zei il cui ricavato sarà devoluto al 100% all’associazione. 

Torniamo a Firenze. Il luogo dell’anima in  città?

San Frediano. Perché è rimasto quartiere, con gli artigiani, le trattorie. E’ uno dei pochi luoghi di Firenze che ha conservato  un’ anima ancora un po’ rustica, vera. E poi ho passato tante serate in Piazza S. Spirito, tra il Cabiria e il Pop Café, i locali storici: i miei ricordi sono tutti legati a quel pezzo della città . 

E se, adesso che sei famosa in Italia e all’estero, dovessi scegliere un luogo per il “concerto” nella tua città dove lo vorresti fare?

Facile, all’Anfiteatro delle Cascine! E’ un posto magico, pieno di energia. Anzi approfitto per fare un appello: mi mortifica vederlo così, buio, abbandonato. Non è un posto facile, sicuramente, ma averlo chiuso non è la soluzione migliore.  Il mio concerto lo vorrei li, primo di molti altri.

 

 

 

 

 

 

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