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27 Marzo 2020

Il messaggio di Jeff Koons a Firenze

In attesa della sua grande personale a Palazzo Strozzi, il nostro speciale focus sull'artista a cura di Sergio Risaliti

“Italy, you can do this”, Italia ce la puoi fare: con queste parole di incoraggiamento si conclude l’esclusivo video messaggio di Jeff Koons nell’ambito del progetto IN CONTATTO

Rimarcando la forza del popolo italiano e lo straordinario valore del contributo culturale dell’Italia al mondo come strumenti per poter affrontare questa crisi e porsi come guida di una nuova “strada per il futuro”.

Uno degli artisti più celebri dell'arte contemporanea, che sarà il protagonista di una grande mostra mostra Palazzo Strozzi , sottolinea la gravità dell’emergenza legata al Coronavirus ma esorta alla fiducia.

In questa occasione, pubblichiamo un esclusivo focus su Jeff Koons a cura di Sergio Risaliti, durante Jeff Koons in Florence, la grande mostra del 2015 che vedeva le Gazing Ball, il progetto di sculture firmato dall'artista, inserite in piazza della Signoria e a Palazzo Vecchio, nella sala dei Gigli.

Il ritratto dell'artista Jeff Koons

Jeff Koons a Firenze. Sicuramente la mostra più attesa dell’anno. Il confronto tra la provocante bellezza delle opere di Jeff Koons, uno dei protagonisti dell’arte degli ultimi decenni, e il Rinascimento. I luoghi eletti di questo dialogo sono la Sala dei Gigli in Palazzo Vecchio e Piazza Signoria.

Per la prima volta è esposta in Italia la serie di opere denominata dall’artista Gazing Ball. Si tratta di calchi in gesso di celebri sculture del periodo greco-romano, quali il così detto Fauno Barberini, cui l’artista ha aggiunto in posizione di precario equilibrio una sfera di un colore azzurro brillante e dalla superficie specchiante.

Gazing Ball, la serie di opere di Jeff Koons in mostra a Firenze nel settembre 2015

Un raffinato e seducente gesto concettuale per ribaltare e deviare lo sguardo dello spettatore dall’ammirazione dell’opera classica, quale immagine memorabile di pura perfezione, alla totalità dello spazio ambientale in cui si riconoscono anche gli osservatori e i vari elementi che caratterizzano il contesto espositivo.

La sfera, simbolo arcaico della perfezione del cosmo, dell’Uno, dell’infinito e dell’eterno, come nel Timeo di Platone, viene contraddetta dalla posizione arrischiata e dalla superficie specchiante che riflette il mutevole, il molteplice, il mondo della vita. Koons ha spiegato in questi termini il senso del suo lavoro: “Ho pensato a Gazing Ball guardando per molti anni sfere di questo genere. Ho voluto affermare la perentorietà e la generosità della superficie specchiante e la gioia che scatenano sfere come queste. La serie Gazing Ball si basa sulla trascendenza. La consapevolezza della propria mortalità è un pensiero astratto e a partire da questa scoperta uno inizia ad avere coscienza maggiore del mondo esterno, della propria famiglia, della comunità, può instaurare un dialogo più vasto con l’umanità al di là del presente”.

Jeff Koons nella Sala dei Gigli di Palazzo Vecchio

L’esposizione in luoghi così significativi come Piazza Signoria e Palazzo Vecchio, dove si conservano opere di sovrana bellezza, risponde all’esigenza dialettica di Koons spinto dal desiderio di instaurare un dialogo più vasto con l’umanità al di là del presente. Gazing Ball prende il nome dagli ornamenti sferici specchianti scoperti tante volte da Koons nella casa d’infanzia in Pennsylvania.

Il potere di questi oggetti risiede nel fatto che viene concessa la possibilità agli spettatori di vedere dietro le proprie spalle e negli angoli più lontani con un effetto panottico, assorbendo nella stessa immagine il proprio riflesso e ogni altro elemento intorno al proprio corpo. Forme affascinanti godibili anche per la loro leggerezza ( si tratta di sfere di vetro soffiato) e per la loro associazione con il gioco infantile o, per significare la fragilità della vita umana come quando vengono collegate alle bolle di sapone.

Altrettanto significativo è il fatto che le opere della serie Gazing Ball siano repiliche di sculture classiche, in questo caso calchi in gesso. Fin dalla nascita delle prime Accademie, come quella fiorentina del XVI secolo, il gesso veniva utilizzato per realizzare calchi di opere più antiche, soprattutto a fini didattici o ornamentali.

Grande diffusione si ebbe nel settecento e ottocento, con la istituzionalizzazione delle scuole di Belle Arti. Dopo l’uso che ne ha fatto Auguste Rodin, il gesso torna ad essere utilizzato in scultura da artisti modernisti come Brancusi e Picasso, citati più volte da Koons. Per la mostra di Firenze, le opere sono installate secondo un preciso criterio scientifico e culturale in ambienti storici in modo da esaltare il dialogoconfronto tra linguaggio rinascimentale e contemporaneo, tra iconografie di ieri e di oggi.

Jeff Koons nel 2015 in Piazza della Signoria

In questo senso si spiega la scelta di installare il Fauno nella Sala dei Gigli, fastoso ambiente, decorato con pregevoli affreschi di Domenico Ghirlandaio, e una finta tappezzeria impreziosita dalla presenza di gigli d’oro, emblema angioino in campo azzurro. La sala ospita anche l’originale in bronzo della Giuditta e Oloferne di Donatello, una delle sculture più fascinose e significative del Quattrocento.

Di fronte al bronzo donatelliano - Giuditta implacabile punitrice di Oloferne, intorpidito dalla bellezza virginale della giovane eroina, poi fiaccato dal vino - il Fauno Barberini di Koons si presenta al pubblico nella sua provocante posa, esempio di una bellezza non volgare, sebbene spinta al limite dell’osceno.

La plateale esibizione del nudo, con i genitali in bella mostra, la posa sensuale, indice di una potenza sessuale selvaggia sembra provocare la stessa Giuditta, punitrice degli eccessi libidinosi, della perdizione sessuale, come simboleggiano i baccanali scolpiti a bassorilievo nel basamento. La sfera specchiante e di colore azzurro entra, altresì, in rapporto con il contesto decorativo della sala, con le sue dominanti cromatiche e il prezioso soffitto ligneo.

Infine, Piazza della Signoria, dove a poca distanza dalla copia in marmo del David di Michelangelo è esposta una delle più celebri sculture di Koons, Pluto and Proserpina. Si tratta di un’opera monumentale, alta quasi quattro metri, in acciao inox , lucidata a specchio e con una cromatura in color oro squillante.

Pluto and Proserpina, Jeff Koons

Le due figure avvinghiate in un abbraccio sensuale scintillano alla luce atmosferica in stridente contrasto con le sculture rinascimentali della piazza. La superficie specchiante funziona in modo da assorbire, catturare e liquefare tutto lo spazio circostante, con effetti di splendore abbagliante e di virtuosistica defigurazione.

Ricordiamo che Pluto and Proseprina di Koons replica con esattezza una celebre opera di Gian Lorenzo Bernini, il Ratto di Proserpina, commissionata da Scipione Borghese ed eseguita tra il 1621 e il 1622.

Rispetto alle soluzioni formali adottate da Bernini, ad esempio il movimento spiraliforme delle due figure, andrà evidenziato come tale avvitamento dei corpi, con la conseguente moltiplicazione dei punti di vista, dipenda da modelli cinquecenteschi.

In altre parole l’opera di Koons esposta sull’arengario dà modo di percepire una certa assonanza con il Ratto della Sabina - capolavoro del Giambologna, posizionato sotto la Loggia dei Lanzi- e con il Vittorioso del Buonarroti conservato in Palazzo Vecchio, nel Salone dei Cinquecento. Un discorso à rebour in funzione anche maieutica.

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