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Monna Lisa - Firenze - museo Stibbert - Sala Della Malachite
6 Aprile 2021

La Gioconda e Firenze

Storia di un capolavoro e della città a cui è legato

Lei sorride. Quasi ieratica e per certo misteriosa. Il suo è uno dei volti più visti del mondo, ma il suo nome rimane un enigma sottile, che tanti continuano a cercare di svelare e molti a considerare comunque irrisolvibile.

Il soggetto

La tradizione sostiene che l'opera rappresenti Lisa Gherardini, Monna Lisa dove Lisa è un diminutivo di Madonna derivante dalla parola latina mea domina, sinonimo di signora, moglie di moglie di Francesco del Giocondo, da qui la Gioconda. Leonardo in quel periodo del suo soggiorno fiorentino, abitava nelle case accanto a Palazzo Gondi che appartenevano alla famiglia Gherardini.

Lo stesso Vasari scrisse che "Prese Lionardo a fare per Francesco del Giocondo il ritratto di Monna Lisa sua moglie, e quattro anni penatovi lo lasciò imperfetto, la quale opera oggi è appresso il Re Francesco di Francia in Fontainbleu"

Alcuni dubbi sono sorti a partire dalla descrizione di Vasari, che parla delle sopracciglia magnificamente dipinte (ma la Gioconda non ne ha) e che esalta le fossette sulle guance (pure assenti). Ciò è comunque spiegabile con la particolare storia del dipinto, che seguì Leonardo fino alla sua morte in Francia e che venne ritoccato per anni e anni dall'artista. Le analisi sul dipinto hanno mostrato che ci sono tre versioni della Monna Lisa, nascoste sotto quella attuale.

Il paesaggio

Ponte a Buriano - Leonardo da Vinci - Firenze

Ma se il nome di lei rimane avvolto in nebbie lievi come quelle che fanno malinconico il paesaggio che la rende ancora più bella e irraggiungibile (a meno che, come molti studiosi dichiarano, l’atmosfera non sia in realtà frutto di secoli di vita del quadro affrontati senza adeguate protezioni e tutele) quello dell’uomo che l’ha ritratta è uno dei più noti del luminoso Rinascimento italiano ed europeo: Leonardo da Vinci, l’artista e il genio totale che la tradizione vuole morto tra le braccia del re di Francia, Francesco I ad Amboise nel 1519. E Leonardo, nato il 15 aprile del 1542 e registrato come illegittimo dal nonno paterno Antonio in una frazione di quel borgo borgo presso Empoli di cui ha il nome , portò sempre con sè – quasi particolare memoria della sua terra d’origine – il ritratto di Monna Lisa. La natura nella quale s’adagia la donna abbigliata di nero e dal sorriso più attraente del pianeta, è infatti quella nei dintorni di Firenze, nei pressi dell’antico Ponte A Buriano d’età romanica che ancora oggi può essere ammirato lungo l’Arno nella provincia di Arezzo.

Il Furto

Fu Leonardo stesso a portare la Gioconda in Francia, nel 1516, che sarebbe stata poi acquistata, assieme ad altre opere, da Francesco I

Nella notte tra domenica 20 e lunedì 21 agosto 1911, la Gioconda venne rubata. Fu sospettato il poeta francese Guillame Apollinaire che venne arrestato dopo aver dichiarato di voler distruggere i capolavori di tutti i musei per far posto all'arte nuova e condotto in prigione il 7 settembre 1911.

Gioconda - Gallerie degli Uffizi , 1913

In realtà a compiere il furto fu un ex-impiegato del Louvre, Vincenzo Peruggia, originario di un paesino nei pressi di Luino, convinto che il dipinto appartenesse all'Italia. Lo aveva rubato, rinchiudendosi nottetempo in uno sgabuzzino e, trascorsavi la notte, staccando il dipinto di prima mattina e uscendo dal museo con il ritratto sotto il cappotto. Messa l'opera in una valigia,e nascosta sotto il letto di una pensione di Parigi, la custodì per ventotto mesi e successivamente la portò nel suo paese d'origine con l'intenzione di "regalarlo all'Italia".

Nel 1913 si recò a Firenze per rivendere l'opera. Contattò l'antiquario fiorentino Alfredo Geri, tramite una lettera firmata Leonardo in cui era scritto: "Il quadro è nelle mie mani, appartiene all'Italia perché Leonardo è italiano" con una proposta di restituzione a fronte di un riscatto di 500 000 lire per le spese. Incuriosito, l'11 dicembre 1913, l'antiquario fissò un appuntamento nella stanza 20 al terzo piano dell'Hotel Tripoli in via de' Cerretani accompagnato dall'allora direttore degli Uffizi Giovanni Poggi.  I due si accorsero che l'opera era autentica. Nell'attesa il Peruggia se ne andò a spasso per la città, ma venne rintracciato, arrestato e poi condannato a una pena lieve perchè "mentalmente minorato". La sua difesa si basò tutta sul patriottismo e suscitò anche simpatia: lui stesso dichiarò di aver passato due anni "romantici" con la Gioconda appesa sul suo tavolo di cucina

Approfittando dei rapporti tra Italia e Francia, il dipinto recuperato venne esposto in tutta Italia: prima agli Uffizi poi all'ambascita di Francia a Palazzo Farnese a Roma e alla Galleria Borghese e infine alla Pinacoteca di Brera prima del suo definitivo rientro al Louvre. 

La sorella minore fiorentina

Gioconda - Museo Stibbert

Una delle oltre sessanta copie sparse per il mondo della Monna Lisa di Leonardo da Vinci si trova a Firenze nella Sala della Malachite del Museo Stibbert. Legata a questa copia una straordinaria scoperta piuttosto recente: in occasione delle celebrazioni dei cinquecento anni dalla morte di Leonardo la vicedirettrice Simona Di Marco ha studiato questa tela considerata una copia ottocentesca di nessun valore, per un secolo relegata in deposito e ignorata. Secondo quanto hanno rivelato le prime indagini si tratta di una copia antica, non coeva, dipinta tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento. Sono infatti stati usati dei pigmenti che non potevano essere posteriori al Seicento, in particolare il blu smaltino. Il dipinto oggi è in condizioni precarie: la tela originaria risulta essere stata prima rifilata e poi riallargata su una tela di dimensioni maggiori dove sono evidenti le ridipinture ottocentesche. La speranza è che presto si possa partire con il restauro che consentirà il consolidamento delle parti fragili e la restituzione della lucentezza dell’opera.

Gioconda - Museo Stibbert

Pochissimi la conoscono, ma è l’unica Gioconda visibile a Firenze. Frederick Stibbert la acquistò all’asta della collezione Mozzi Del Garbo nel 1879 e la sistemò proprio qui dove la vediamo ora

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