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stanley tucci

Giovanni Bogani

13 Gennaio 2021

La giovinezza fiorentina di Stanley Tucci

Il celebre attore newyorkese si racconta, prima della sua esclusiva serie tv dedicata a Firenze e all'Italia

Ha un volto antico, un volto che sa d’Italia, Stanley Tucci, attore newyorkese, protagonista dal 14 febbraio 2021, di Searching for Italy, l'esclusiva serie in onda dal 14 febbraio su Cnn.

Ripubblichiamo l'intervista firmata Giovanni Bogani pubblicata in un passato numero di Firenze Made in Tuscany Magazine:

Ha quelli occhi neri da dopoguerra italiano, occhi neri da emigrante, intelligenti e affamati di vita. E’ uno che nella sua faccia ha New York più di ogni altro. Una faccia che sa di Little Italy, che odora di gangster e di povertà, di cucina italiana, di storie di immigranti. 

l'attore newyorkese stanley tucci e la sua giovinezza fiorentina

Come in quel film bellissimo Big Night, dove ha un ristorante sull’orlo del fallimento e dove la battaglia per la vita, per la sopravvivenza, per la dignità, si consuma tutta in una cena straordinaria: una prova d’orgoglio più che una cena. La preparazione di un timballo diventa una sfida con Dio. E per quel film, Stanley Tucci ha vinto tutto: il Sundance Film Festival di Robert Redford, il premio dei critici di New York, il Nyfcc Award, il premio dei critici di Boston, due Golden Globes

Questa invece è una pagina della sua storia fiorentina tutta da raccontare e che pochi conoscono. Come molti attori americani, Tucci ha origini italiane e una storia di emigrazione alle spalle. Nel sito del museo dell’Emigrazione di Ellis Island ci sono 1200 Tucci che, dai primi del Novecento, hanno avuto il coraggio di affrontare quell’America che non era certo la terra promessa. Uno era il bisnonno di Stanley Tucci.

tucci in una scena di searching for italiy

Il padre di Stanley, professore di storia dell’arte, innamorato della scultura, della pittura, di Michelangelo e di Leonardo, negli anni ’70 tornò in Italia, a Firenze. Stanley ha undici anni, è il 1972 e frequenta la scuola media Gaetano Pieraccioni

Ma si ricorda tutto questo Stanley Tucci?

“Certo – dice, quando lo incontriamo insieme alla sua compagna a Milwaukee nel Wisconsin - e mi ricordo anche di quando andavo a giocare a pallone in piazza Cosseria (oggi piazza della Costituzione, ndr)”. Quel nome lo sanno solo i ragazzi che lì giocavano, si sbucciavano le ginocchia e a volte facevano a  pugni. Un fazzoletto di terra tra il Mugnone e via dello Statuto: ma bastava, per un ragazzo di undici anni. 

“Ricordo che c’erano dei ragazzi coraggiosi, forti, veri e propri leader. Uno si chiamava Palagi, te lo ricordi tu?”.

E il sottoscritto se lo ricorda, perché abitava lì vicino e in quegli stessi anni giocava a pallone con quel ragazzo americano con gli occhiali e con le scarpe da ginnastica e frequentava la stessa scuola.

Dopo trent’anni, anzi di più, ci incontriamo a un festival del cinema. Ogni volta Stanley si avvicina e grida: “ehy, my school-mate!  Ho molta nostalgia di quegli anni, di quando avevo i capelli - ride Stanley- da qualche parte ho anche una fotografia di quando giocavamo a pallone”. 

Aveva gli occhiali, era un po’ impacciato lo studente Stanley Tucci, si illuminava solo alla lezione di inglese, lo insegnava a tutti gli altri. E anche a educazione artistica, lui che ha sempre amato la pittura, il disegno, l’arte, proprio come suo padre. Ma per il resto rimaneva in disparte. 

“Abitavo in via Crispi, vicino alla Fortezza – ricorda - e a scuola ci andavo a piedi. La scuola per me era strana: non sapevo una parola di italiano e mi trovavo lì come un estraneo. Ricordo l’ora di educazione fisica: a New York prendevamo il pallone e giocavamo a basket o a pallavolo. Qui no. Non andava mai bene quello che facevo: bisognava imparare il servizio, battere in modo perfetto, altrimenti non si proseguiva. E una, due, tre, mille volte… No, non era per me. Sarà per l’esperienza fiorentina che non mi sono dato allo sport e ho scelto di fare l’attore?”

Poi scrive il suo numero di telefono americano e quando arriva alla cifra 7 scrive all’italiana, con la stanghetta orizzontale nel mezzo. “Vedi? Questa è la scuola Pieraccioni. In America scrivono tutti il 7 senza la stanghetta in mezzo. E’ un piccolo particolare esotico, uno dei molti che mi porto dietro da quando sono tornato dall’Italia. Insieme all’amore per l’arte. Tanto è vero che vorrei tantissimo fare un film sullo scultore italiano Alberto Giacometti. Quello che faceva le figure esili, strazianti, nervose, filiformi. Che metteva tutto il dolore dell’arte nelle sue creazioni”.

Giacometti non è italiano, è svizzero. Ma, visto da oltre oceano, è tutto lo stesso mondo che va da via Crispi a Lugano fino alla  chiesa russa che incontravamo lungo la strada per andare a scuola.

Un’ultima cosa. Il timballo, il protagonista di Big Night. La ricetta segreta con cui Tucci salva il ristorante e si prende la rivincita sul mondo intero. Da dove viene la ricetta? Dicono che fosse una delle ricette esclusive di Giuliano Bugialli, cultore di cucina internazionale, fiorentino anche lui, che da anni vive a New York. “Conosco per fama Bugialli e i suoi libri - dice Tucci che di cucina è un vero appassionato - sono i più venduti negli States. Però lo giuro: quella è una ricetta della mia bisnonna lucana. Cent’anni di tradizione arrivati nelle mie mani”.


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