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sassicaia bolgheri 50 anni
12 Marzo 2021

La storia del Sassicaia in una lettera storica di Mario Incisa della Rocchetta

Il Sassicaia 2018 compie 50 anni e noi lo celebriamo con un documento davvero inedito

Nell’anno di una ricorrenza davvero importante Tenuta San Guido è pronta a stupire il mondo con il vino più elegante mai prodotto : Sassicaia 2018. Il 50esimo compleanno dell’unico vino prodotto a Bolgheri-Sassicaia, denominazione interamente compresa all’interno della proprietà della Famiglia Incisa della Rocchetta, Sassicaia 2018 è una sensazionale conferma dell’operato di un'azienda incastonata a Livorno che da ormai 50 anni imbottiglia una poesia territoriale a cui pochi possono resistere.

sassicaia 2018

Nato proprio ‘Davanti San Guido’ e all’ombra dei celebri cipressi di Bolgheri, il Sassicaia è figlio dell’avventura di Mario Incisa della Rocchetta, l’artigiano sognatore che non si arrese mai, arrivando all’eccellenza nel vino, come nelle vittorie con il mitico Ribot, il miglior purosangue al mondo.

la tenuta san guido

Dal Piemonte a quell’oasi fra Tirreno e colline che al Marchese sembrò un ‘approdo tropicale’, era quello il luogo perfetto dove far attecchire i suoi sogni, come lui stesso scrisse in una lettera a Luigi Veronelli, nel 1974, per convincerlo della sua impresa.

Marchesi Nicolò e Mario Incisa della Rocchetta

E di quella lettera storica, abbiamo il piacere di citarvi i passi più avvincenti ed emozionanti:

Caro Veronelli, non può credere quanto piacere mi abbia fatto il sapere che Ella si era interessato al nostro vino “Sassicaia” e che aveva chiesto di poterlo assaggiare. So che gliene sono state mandate due bottiglie e naturalmente sono ansioso di sapere quale ne è stato il suo giudizio, cui ovviamente darò molto più peso che a quello, unanimemente favorevole, di miei amici, conoscenti e clienti. Tenuta San Guido Piero Antinori, il quale mi ha rassicurato di averle fatto avere tempo fa una copia della lista dei vitigni collezionati, più di un secolo fa, di un mio prozio a Rocchetta Tanaro, mi incoraggia a scriverle per narrarle perché e come io sia giunto a tentare, qui a Bolgheri, la produzione di un vino da bottiglie come il Sassicaia. […] Le dirò dunque che l’origine dell’esperimento risale agli anni tra il 1921 e il 1925, quando, studente a Pisa e spesso ospite dei Duchi Salviati a Migliarino, avevo bevuto un vino prodotto da una loro vigna sul monte di Vecchiano che aveva lo stesso inconfondibile “bouquet” di un vecchio Bordeaux da me assaggiato più che bevuto, (perché a 14 anni non mi si permetteva di bere vino) prima del 1915, a casa di mio nonno Chigi. […] Qualche anno dopo avevo avuto modo di procurarmi un certo numero di bottiglie di vini Francesi di buona annata e, tra questi, un Margaux (mis en bouteille au Château) del 1924 che mi aveva riportato il “bouquet” del vino….. annusato nel ’14-’15 e di quello finalmente bevuto del ’21-’25. […] Da allora mi ero prefisso di fare un vino che avesse quella particolarità. […] Trasferitomi stabilmente a Bolgheri nel 1942, avevo cercato una zona adatta al mio esperimento. […] Ricordo che mio Padre, Piemontese, diceva che in qualunque altra parte del mondo un vino “governato” sarebbe andato a finir male; come del resto in qualunque altro paese del mondo; […] 

Sassicaia 1968

Il vino di Bolgheri, se non diventava proprio aceto, era sempre cattivo ma in compenso ogni anno aveva un difetto differente: “quest’anno è venuto frizzante” diceva il cantiniere; “quest’anno è venuto maccherone”; ma il perché di queste variazioni non lo sapeva nessuno. In compenso un po’ di “salmastro” il vino rosso l’aveva sempre: per la vicinanza del mare, si diceva; e per questo si tendeva a piantare in maggioranza viti a uva bianca. Forti di questi ammaestramenti avevo scelto per la mia vigna di cabernet (una minivigna di 100 viti) un appezzamento a 350 metri di altezza, per essere al sicuro dal salmastro; ed esposto a Sud-Est, perché avevo letto che tanto i vigneti della Côte d’Or quanto quelli del Médoc erano generalmente così esposti. Intanto per un vero colpo di fortuna avevo potuto procurarmi dall’azienda Salviati un certo numero di “marze” dalla vigna di Vecchiano che, innestate, avevo potuto collocare nell’appezzamento prescelto. […]

Il giudizio di fattori e intenditori locali fatto al mese di Marzo (quando, qui, il vino è considerato fatto e commestibile) era stato, ogni anno, concorde: un porcaio.

“Ci ha il fòo” diceva uno. “E’ girato” diceva l’altro. “Non si può bere” diceva un terzo.

Confuso e umiliato davanti a tanta sicura competenza degli esperti, non avevo osato replicare e avevo letteralmente dimenticato quel vino.

“Vinto ma non domo”,… ho voluto provare a vinificare il canaiolo da solo.

E della vendemmia del 1945 ho messo da parte un centinaio di bottiglie.

Il risultato è stato sorprendente: dopo 15 anni era un vino eccellente; dopo 20 buonissimo: ora, a mio parere, ancora buono.

Allora soltanto mi sono ricordato del Cabernet dei primi anni.

E piano piano, timidamente ho cominciato a berlo e a farlo bere agli amici. […] Ora abbiamo circa 21.500 viti di cabernet (in parte cabernet franc, in parte cabernet sauvignon) delle quali 3.500 a Castiglioncello di Bolgheri, a 350 metri di quota e 1.500 in un’altra vigna a 100 metri di quota. […]

3.000 viti di canaiolo occupano 1 ettaro e abbiamo piantato altri 3 ettari con 6.500 viti di cabernet. […]

L’esistenza attuale in bottiglie è la seguente: 

1950, 130 / 1951, 5 / 1952, 120 / 1953, – / 1954, 95 / 1956, – / 1957, 130 / 1958, 56 / 1959, – / 1960, 65 / 1961, 23 / 1964, 25 / 1965, – / 1966, 50

1967, 200 + (in due varietà, una mediocre).

In più, 52 bottiglie di Canaiolo 1945.

Rinnovo le mie scuse per l’eccessiva lunghezza di questa lettera: che ha però lo scopo di interessarla abbastanza per convincerla a venir qui – e questo è un invito formale, ufficiale e caloroso – a giudicare se qualcuna delle annate elencate qui sopra vale la pena esser conservata; se il tipo di vino è “indovinato” e se dobbiamo continuare a farlo così.

Con i migliori saluti

M.se Mario Incisa della Rocchetta

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