Liste della spesa con 500 anni di storia, gusti e abitudini a tavola dei grandi artisti toscani
Non di sola arte vive l’uomo. Lo insegnano anche Cellini, Michelangelo, Brunelleschi, Pontormo, Leonardo da Vinci e Botticelli
Scoprire nei diari e nelle carte, nelle cronache e nelle Storie, il rapporto degli artisti col cibo è affascinante. E molti sono anche gli aneddoti curiosi che ne escono fuori.
Spaccone a suo modo generoso, Benvenuto Cellini sigla la fusione del suo Perseo con un ringraziamento a Dio per la riuscita dell’epica impresa e con un “piatto d’insalata” insieme a tutta la sua brigata di apprendisti e lavoranti. E la mattina dopo, racconta, “mi levai da letto che era vicino l’ora del desinare” e una sua “buona serva, senza che io le dicessi nulla, mi aveva provisto d’un grasso capponcello” così che il pranzo era pronto ma mancavano le stoviglie - essendo state usate per finire la fusione del suo capolavoro, insieme ad alcune di quelle delle cucine di Palazzo Vecchio! Così, prosegue l’artista nella sua Vita “si mandò a ricomperare, in cambio di quei piatti e scodelle di stagno, tante stoviglie di terra, e tutti lietamente desinammo”.
E se Michelangelo, cinquecento anni fa, mandava fuori i servitori a far la spesa con la lista precisata dai disegni degli alimenti da acquistare, Brunelleschi per evitare perdite di tempo durante la pausa pranzo degli operai arrampicati sulle impalcature della sua Cupola adattò ai fondi a disposizione la ricetta del “peposo dell’Impruneta” - tipico degli operai delle famose fornaci che preparavano negli orci la carne ben drogata di pepe e cotta nel vino rosso - facendolo arrivare sulle assi del cantiere con gli argani, evitando così troppe perdite di tempo.
Un artista di cui si conoscono i gusti è Pontormo: un’infanzia di stenti e una salute cagionevole lo avevano reso schivo, umorale e parsimonioso, al punto che non mancava mai a un pasto offerto da amici e conoscenti, con una predilezione per quelli del suo allievo più caro - il Bronzino, ovvero Agnolo di Cosimo - e che contava sui prodotti del suo orticello e dei suoi alberi da frutto, dove trascorreva anche le mattinate di gran caldo. Spesso il pittore digiunava o mangiava una volta al giorno, magari anche la carne guasta che l’aiutante Bastiano aveva comprata a poco prezzo “per poter fare la cresta sulla spesa”! Da Il libro mio, poi, si conosce la sua grande passione per le uova, almeno una al giorno secondo la leggenda, e come il cibo s’intersecasse con il suo lavoro, annota infatti: “cenai uno cuore d’agnello, carne secha lessa e once 10 di pane; e cominciai quel braccio di quella figura che sta così” e schizza un particolare del lavoro che sta portando avanti.
In questo intrecciarsi di artisti, cucine e secoli, non può mancare Leonardo da Vinci che avrebbe, giovanissimo, aperta l’osteria All’insegna delle tre ranocchie col Botticelli (questi avrebbe addirittura disegnato il menu per gli illetterati avventori), mentre Leonardo avrebbe cominciato a ideare i numerosi strumenti per la cucina che avrebbero fatta la gioia della sua fantescha Maturina, menzionata anche nel suo testamento. Per certo sappiamo dal Vasari che, quando passava “dai luoghi dove si vendevano uccelli, di sua mano cavandoli di gabbia e pagatogli a chi li vendeva il prezzo che n’era chiesto, li lasciava in aria a volo, restituendoli la perduta libertà.” Con buona pace di chi lo aspettava per cucinargli il pranzo.