Natalia Goncharova, una donna controcorrente che visse per l'arte e che unì l'Europa dei movimenti artistici del '900
A Palazzo Strozzi, dal 28 settembre al 12 gennaio
Non era neanche iniziata che aveva già creato scalpore sui social media con tanto di censura dei seni nudi di una modella dipinta. Ma Natalia Goncharova (1881-1962), avrebbe sorriso senza scomporsi di un centimetro, di accuse simili ne aveva accumulate diverse. Donna forte, la descrive Arturo Galansino, il direttore di Palazzo Strozzi che ha voluto chiudere il 2019 con questa grande retrospettiva dedicata all’artista russa di nascita, ma cittadina del mondo per scelta e vocazione.
Una grande mostra, Natalia Goncharova. Una donna e le avanguardie, tra Gauguin, Matisse e Picasso (28 settembre - 12 gennaio) condivisa con la Tate Modern di Londra e che attraverso 130 opere ci fa scoprire l’incessante ricerca di questa pittrice, scultrice, decoratrice che i suoi connazionali definiranno l’amazzone delle avanguardie russe e che Galansino ribadisce: “È stata la prima grande donna della modernità, con una vita decisamente anticonvenzionale. Una donna che ha saputo vivere per l’arte, creando un’originale fusione tra tradizione e innovazione. Oriente e Occidente”.
IGuardando le sue opere infatti, dal futurista Ciclista all’impressionista Contadini al lavoro o al matissiano Contadine gli stili protagonisti del primo Novecento sembrano rincorrersi, alternandosi, scambiandosi di ruolo. La sua ricerca sembra muoversi con la leggiadrìa della curiosità dal Post Impressionismo alla maniera di Gauguin lasciandosi assorbire dal Fauvismo di Matisse senza mai però scivolare nel più cinico Espressionismo fino a lasciarsi scomporre in prismi geometrici alla maniera del Cubismo picassiano.
Ma soprattutto si lascia forgiare dalla luce e dagli effetti che questa produce sugli oggetti. È lei infatti che legherà il proprio nome al Raggismo. La declinazione russa del Fututurismo italiano a cui aderirono, tra gli altri, anche Chagall e Malevic. E infatti, lei e il coetaneo compagno di tutta la vita Michael Larionov, che sposerà solo pochi anni prima della morte, stileranno il Manifesto del Raggismo sulla falsariga dell’omonimo di Marinetti.
Una donna che non ha mai avuto paura di sperimentare, passando da uno stile all’altro, comprese le statiche Icone che poi abbandonerà per un più toccante figurativo. Benché avesse iniziato studi di scultura fu proprio Larionov che la convinse a optare per la pittura avendone intuito le grandi potenzialità fin da quando, poco più che ventenne, entrò a far parte del gruppo di artisti Il Vello d’Oro con Larinov e Malevic. E iniziò a viaggiare per l’Europa scegliendo poi di vivere, a partire dal 1915, a Parigi. Città dove metterà definitivamente radici anche se viaggiò a lungo anche in Italia con ripetuti soggiorni a Firenze e Roma. Ogni suo spostamento tuttavia era sempre finalizzato a raccogliere nuove idee, a sperimentare. Non si accontenta infatti solo di dipingere, ma avrà anche un ruolo fondamentale negli allestimenti del Balletto Russo per cui disegnerà, in stretta collaborazione con Djagilev, costumi di scena e scenografie. Una figura poliedrica che collaborerà anche con Coco Chanel e con le riviste di moda Vogue e Vanity Fair riuscendo a rimanere legata anche ai connazionali del Fante di Quadri.
Eppure, benché meglio di altri Goncharova esprima un indissolubile fil rouge che univa quel gran fervore di idee e movimenti che dal Blaue Reiter - a cui peraltro aderisce nel ‘26 - al Cubismo e al Fauvismo tutta l’Europa, ben più di quanto si possa immaginare, è stata una figura pressoché dimenticata dalla storia dell’arte e non solo perché tutte le sue opere, per volontà testamentaria, furono donate alla Russia, ma anche perché l’arte al femminile, ricorda Galansino ha subito spesso la condanna dell’oblìo. Un vuoto che il direttore di Strozzi sta colmando dando spazio a figure femminili che indubbiamente lasciano il segno, come Marina Abramovic a cui è stata dedicata la mostra del 2018. “ Si può lavorare fuori dai solchi tracciati” conferma Galansino rimarcando che “Proporre Gonchalova era e resta una scommessa, visto che non è così nota al grande pubblico”. Ma la mostra di Strozzi, che pone a confronto le sue opere con quelle di artisti come Gauguin, Matisse, Picasso la ricolloca tra i grandi protagonisti del ‘900.