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ron haward ph. robert wilson

Giovanni Bogani, cover photo Robert Wilson

7 Gennaio 2019

Ron Howard: come ho visto il futuro

Intervista al grande regista che, dopo Firenze, è appena tornato dal suo ‘viaggio’ su Marte

Il suo ultimo progetto è dedicato a Marte, seconda stagione di una miniserie televisiva composta da sei episodi prodotta da National Geographic. Lo stesso Pianeta Rosso sul quale è atterrata da poco il lander InSignt della NASA grazie a una bussola made in Florence.
Lui è Ron Howard, una vecchia conoscenza per i fiorentini che due anni fa lo vedevano girare, all’alba, col cappellino da baseball in mezzo a una piazza della Signoria per svariate settimane. Alle cinque di mattina. Poi, piano piano, la piazza si affollava di piccioni e di comparse assonnate. E lui a camminare rapido con i pantaloni larghi da elettricista. Avresti pensato che fosse un tecnico, un runner, uno di quelli che portano i cavi sul set di un film. Invece era lui, il regista. Ron Howard.
Uno che ha vinto due Oscar, come miglior regista e per il miglior film, A Beautiful Mind, con Russell Crowe.

A Firenze, Ron Howard stava girando Inferno, il film con Tom Hanks, suo compagno di tante avventure. Inferno è il terzo film basato sui romanzi best seller di Dan Brown. Romanzi intrisi di simbologie, molte delle quali legate a Firenze e alle sue opere d’arte. Se in Inferno ci sono riferimenti alla Divina Commedia di Dante, e alla mappa dell’Inferno dantesco che aveva disegnato Botticelli, nel Codice da Vinci, primo film della saga, c’erano infiniti riferimenti alle opere del maestro Leonardo. Quel Leonardo da Vinci di cui, l’anno prossimo, ricorre il cinquecentesimo anniversario della morte, celebrato da una serie imponente di mostre in tutto il mondo.

Firenze è rimasta nel cuore di Ron Howard. “C’ero già stato prima”, ci dice, “ma girarci un film è un modo straordinario per prendere coscienza di una città meravigliosa, nella quale convivono bellezza e mistero. A Firenze è impossibile trovare un’immagine brutta da inquadrare.
Il film Inferno è stato, per Firenze, un grande affare in termini di visibilità, di immagine: ha prodotto risultati che nessuno spot avrebbe mai potuto ottenere. E forse anche per questo, il sindaco di Firenze Dario Nardella – che si confessa grande fan di Happy Days – ha consegnato a Ron Howard le chiavi della città. La seconda volta in cui lo incontriamo, nel dicembre 2018, non parliamo però di Firenze, ma di Marte. Il pianeta rosso, location – questa sì, immaginaria – della sua ultima docufiction Mars, di cui è appena andata in onda la seconda stagione in tutto il mondo.

Mr. Howard, lei è cresciuto negli anni Sessanta, quando c’erano tanti film di fantascienza ambientati su Marte. Da allora, come è cambiato il suo modo di immaginare il Pianeta Rosso?
Quando ero bambino, nella mia immaginazione su Marte c’erano mostri e Marziani!”, ride. “Ma sapevo che erano film, cose impossibili. E anche quando ho iniziato questa serie, pensavo che quella di uno sbarco dell’umanità su Marte fosse un’idea interessante, che avrebbe nutrito l’immaginazione del pubblico, ma non la prendevo così sul serio. Adesso sì!. Ho capito che andare su Marte è possibile. E anche auspicabile.

Che cosa le ha fatto cambiare idea?
Ho intervistato molti scienziati, e alcuni astronauti, che già avevo conosciuto dirigendo ‘Apollo 13’. L’idea di arrivare su Marte, piano piano, è passata in me da qualcosa che ‘potrebbe’ accadere a qualcosa che ‘dovrebbe’ accadere. L’umanità tutta ne trarrebbe grandi benefici.

Perché?
Perché Marte sarebbe una formidabile scialuppa di salvataggio per l’umanità.

In Marte lei ha creato una forma nuova di fiction, nella quale si alternano le interviste a scienziati ed esperti mondiali a momenti di narrazione. Come ha lavorato su questo nuovo format?
Le interviste ‘vere’ rinforzano le parti di finzione; e la fiction rende appassionante, permette di ‘vedere’ quello che gli scienziati dicono, aumentano il contenuto emotivo del film. È questo che rende la serie così unica e speciale. Ogni fotogramma della storia si basa su ciò che ci hanno spiegato gli scienziati.  

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