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Lo stilista Stefano Ricci
1 Ottobre 2019

Stefano Ricci. Il mondo dell'alta gamma

Dentro la maison Stefano Ricci. Dove nascono le collezioni solo ‘fatte in Italia’

“La mia missione è creare abiti per il guardaroba di un uomo al quale non manca niente. Che sappia apprezzare materiali rari e preziosi, dettagli sofisticati, stampe esclusive. In uno stile classico e molto personale”.

E’ vero. Non c’è capo di stato, principe, manager, grande sportivo, che non abbia nel proprio armadio un capo uscito dall’atelier delle meraviglie Stefano Ricci, dove gli artigiani, un pool di artisti dell’ago e del filo, della pelletteria e dell’oreficeria, fedelissimi all’imprenditore, contribuiscono a sostenere quello che Ricci definisce la cultura dell’eleganza fatta di esclusività, artigianalità, e ovviamente amore e passione.

L’inizio dell’avventura fu con la cravatta. Solo in seta, disegnata da lui. Poi fu la volta della camicia: stessa meticolosa produzione, stessa ricerca di materiali. Poi la piccola pelletteria. Con l’apertura delle prime boutique monomarca così la linea di sartoria, le calzature. Al Pitti Uomo del 1997, Ricci presenta la collezione di giacche, abiti e capi sportivi, dove la massima cura per i dettagli rappresenta il valore fondante della produzione. Poi è la volta dell’oreficeria che si avvale tuttora delle antiche tradizioni orafe fiorentine, in un laboratorio interno top secret.

Stefano Ricci Home, che vanta porcellane in oro e argento, Stefano Ricci Junior si vanno ad aggiungere a quell’ingranaggio aureo che sembra non avere arresto. Da sottolineare che l’azienda è felicemente diretta da tutta la famiglia dove Stefano crea e controlla in maniera esasperata, la moglie signora Claudia cura i tessuti e la produzione, i figli Niccolò e Filippo rispettivamente ad e responsabile ricerca e sviluppo.

Siamo entrati in questo top di qualità. Ci siamo mossi in mezzo a sete, mussole, lane pregiate, cachmere, pelli di coccodrillo, diamanti e metalli preziosi, abbiamo toccato con mano quella lavorazione certosina che contraddistingue ogni pezzo.

Signor Ricci, è davvero tutto nato nel ’72 intorno a una semplice cravatta?
Sì, è tutto iniziato nel 1972 quando, insieme a Claudia, decidemmo di dare vita a un laboratorio per realizzare cravatte. Sono un designer e la cravatta, per me, è sempre stata elemento imprescindibile del guardaroba maschile. Desideravo riuscire a realizzare la più bella cravatta del mondo. Per qualità ed estetica.

Le sue collezioni sono lusso sfrenato o eccellenza?
Lusso è un concetto abusato. Venne lanciato dopo l’11 settembre del 2001 per far ripartire i consumi. Ben presto divenne un giustificativo per attribuire un prezzo alto a prodotti che di lussuoso avevano, alla fine, solo il costo. Quindi, se lei parla di lusso sfrenato, forse ho sbagliato qualcosa. Anche eccellenza è stato spesso utilizzato a sproposito. Direi piuttosto che si tratta di una produzione di alta qualità, nella quale la manifattura ha un ruolo determinante.

E’ tutto fatto in Italia?
Rigorosamente. Il mio prodotto non è neppure made in Italy, è ‘fatto in Italia’. Esprime contenuti legati a un disegno esclusivo, ai migliori tessuti e materiali, all’alta artigianalità, alla capacità di realizzare un prodotto che ricerca la più alta qualità nel dettaglio.

Che cosa è l’artigianalità?
La capacità straordinaria di lavorare la materia, con un’unica regola: mani, testa e cuore. In questo noi italiani siamo davvero maestri.

Secondo lei è valorizzata nel nostro paese?
Lo è in certe punte di eccellenza autentica. Non a caso i grandi gruppi internazionali vengono a cercare i nostri laboratori. Piuttosto, a livello politico servirebbe una più attenta gestione delle nostre risorse. Chiedo maggior serietà e tutela per il prodotto autenticamente fatto in Italia. Una scelta con la quale tramandare le nostre migliori tradizioni, i saperi dei mestieri d’arte e artigianato, la forza lavoro e il pagare le tasse in Italia.

Il suo lusso personale.
Nel 2003 ho scritto un libro con Gianluca Tenti e Umberto Cecchi. L’ho chiamato Luxor, alla ricerca del significato profondo del termine allora più in voga. Ho scritto che il vero lusso per me è un bicchiere d’acqua nel deserto, lo stare con la famiglia e i veri amici intorno a un fuoco. Oggi aggiungo stare in campagna, con il mio cane, un bicchiere di vino e un pezzo di pane con la mortadella.

L’episodio che le ha cambiato la vita.
Il regalo di mio padre quando volle donarmi un’auto storica. Sulle prime ne fui orgoglioso. Poi capii che si trattava di un regalo molto impegnativo. La vendetti e con i soldi che incassai fondai la Stefano Ricci. Qualche anno dopo riuscii a riacquistare quell’autovettura.
Se dico Italia, tre parole che le vengono in mente.
Creatività, artigianato, qualità della vita.
C’è molta Firenze nelle tappe che hanno scandito la storia della Stefano Ricci.
Devo molto, se non tutto, alla città nella quale sono nato. Come formazione e come ispirazione.

E’ riuscito a riaprire la Sala Bianca, dove tutto cominciò. Torneranno le sfilate?
Ringrazio il direttore Eike Schmidt per aver condiviso questo sogno. Riaprire la Sala Bianca è un onore ma anche una responsabilità. Credo che il nuovo corso inaugurato dalle Gallerie degli Uffizi di restituire alla moda i propri spazi, in Palazzo Pitti e al Giardino di Boboli, sia un segnale che non può essere ignorato. Certo, accorre rispetto. Se arriveranno nomi importanti, con le proprie prime linee, tutto sarà più facile. 

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