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28 Maggio 2015

Toni e Peppe Servillo. Che fratelli!

I fratelli più ammirati del momento si raccontano

Sono i fratelli più ammirati del momento. Al loro lavoro incrociato la scena teatrale sta offrendo il ‘destro’ per ammutolire e rapire letteralmente il pubblico delle sale teatrali.

Dopo la straordinaria esperienza vissuta in doppio ne Le voci di dentro di Eduardo De Filippo, li ritroviamo insieme, con i Solis String Quartet, ne La parola canta, una doccia di pathos e di ardita bravura.

Toni Servillo, il maggiore attore italiano, Peppe Servillo, compositore e voce degli Avion Travel, incontrati al Teatro della Pergola durante la loro tournée a Firenze…

Quale alchimia vi fa lavorare bene insieme e condividere la scena?
Toni Servillo. Io e Peppe abbiamo già fatto esperienze insieme di teatro musicale con alcune importanti orchestre sinfoniche. E ci è capitato anche qualche volta di cantare insieme. Ci somigliamo, ci capiamo, condividiamo la stessa cultura. C’è un codice familiare che ci lega, un legame fraterno che si è consolidato con le nostre reciproche scelte.

Viene da chiedersi che famiglia straordinaria sia stata la vostra… Nella vostra educazione familiare ha avuto più forza e spazio la musica o il teatro?
Peppe Servillo. Non siamo figli d’arte. Siamo però cresciuti in una famiglia di spettatori e di grandi appassionati di teatro e di musica che ci hanno trasmesso questa passione. Ricordiamo con grande emozione le prime commedie di Eduardo De Filippo viste, con i nostri genitori e gli altri fratelli, in teatro ed alla televisione.

Qual è l’osso e l’incanto della lingua partenopea, protagonista, in questo vostro moderno varietà che è La parola canta?
P. S. Portiamo in scena insieme agli straordinari musicisti del Solis String Quartet uno spettacolo-concerto dove musica, poesia e teatro si fondono in un unico gesto creativo per restituire al pubblico il nostro appassionato omaggio ad alcune grandi anime della cultura scenica partenopea.

Cosa rappresenta per il vostro teatro la tradizione?
T. S. Il teatro, quando è vivo, è sempre contemporaneo. Ho sempre seguito un percorso che incrocia innovazione e tradizione, nell’alternanza dei repertori. Il valore principale del teatro e in parte oggi anche del cinema è quello di assemblea civile, per mettere al centro l’uomo e la comunicazione profonda, favorendo una riflessione sempre più necessaria in un’epoca in cui siamo sempre più circondati da confusione e rumore. E’ importante che non vada smarrito il senso del passato per potere proiettarsi verso il futuro. Trovo sia delittuoso vivere facendosi occupare solo dal presente. 

La lunga tournée de Le voci di dentro che si è sovrapposta alla promozione e alle premiazioni della Grande Bellezza, e il ritorno sulle scene di adesso, confermano la sua preferenza dominante per il teatro. Che cosa muove questa sua intensa passione?
T. S. L’Oscar, che ha rappresentato una novità, inaspettata e imprevedibile, è stato per me soprattutto un modo di ridurre la distanza con i sogni. Il successo mi fa piacere, ma praticare la poetica quotidiana del teatro serve a darmi equilibrio, a fissare i limiti. Sono andato a Los Angeles non interrompendo la tournèe de Le voci di dentro, che alla fine della stagione, con l’ultima recita a Budapest in aprile, arriverà a circa 350 repliche.

Qual è, da interprete, il personaggio che le è stato più difficile rendere credibile sul grande schermo?
T. S. Non saprei, posso però dirle che, dodici anni fa, a tempi de “L’uomo in più”, né io né Paolo Sorrentino avremmo mai potuto immaginarci questo percorso e tali esiti. Non mi immaginavo come attore di cinema, mi sentivo tutt’al più membro di una esperienza che, attraverso il teatro faceva passi ponderati in un universo legato a doppio filo alla nostra poetica di allora.

Quali sono i vostri progetti in cantiere o di prossima uscita?
P. S. Nell’immediato futuro, fino ad aprile, saremo in tournée con La parola canta ancora a Parigi, Torino e Milano, mentre concluderemo all’estero, tra Germania, Francia, Belgio ed Ungheria, la tournèe de Le voci di dentro. 

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