Un ritratto 'toscano' di Amedeo di Savoia
Nella nostra intervista pubblicata su 'Firenze Made in Tuscany' quando, nel 2007, ci ha aperto le porte della sua casa a Castiglione Fibocchi
Metti un pomeriggio di primavera in una casa in campagna sulle colline di Castiglion Fibocchi per un caffè con amici. L’ambiente è semplice come l’ospite che ci riceve. Un breve viale di giovani cipressi, un cancello elettrico, un prato bianco di margherite e poi dei recinti con capre, pecore e struzzi. La casa è in stile toscano anche se priva di intonaco all’esterno e quindi simile all’architettura umbra. Ci riceve in quelle che erano le stalle ma che oggi è un’accogliente e affascinante living, con grande camino in pietra serena, una biblioteca di ciliegio ricca di libri di storia, e poi comodi divani e numerosi tappeti che nascondono il cotto tipico di quell’architettura.
Lui è il Duca Amedeo d’Aosta, cordiale e simpatico. È il più giovane prigioniero dell’ultima guerra perché a soli 6 mesi dopo l’armistizio dell’8 settembre del ‘43 venne deportato dai tedeschi in un campo di concentramento in Austria con la madre. Le numerose foto sono l’occasione per un interessante racconto della sua vita. È nato a Firenze all’indomani del grande bombardamento della stazione di Rifredi. Tornato a Firenze dopo la prigionia vive nella città, quindi studia al collegio navale Morosini di Venezia e successivamente in Inghilterra. Dopo l’Accademia Navale di Livorno diviene ufficiale della Marina Militare Italiana.
Raccontandoci il suo forte interesse per i viaggi, mai come turista, la conversazione si sposta sul cibo e le varie cucine etniche di cui è grande appassionato. Si diverte a cucinare e lo fa spesso, talvolta insieme alla moglie Silvia Paternò, anche lei bravissima. “Mangiare in modo frugale – ci dice – è un’abitudine di Casa Savoia, molto piemontese”. Durante i suoi viaggi, dove ha vissuto le realtà di oltre 120 Paesi, è sempre incuriosito dalla cucina e dagli ingredienti del luogo. “Gastronomicamente parlando ho avuto delle esperienze veramente uniche”. In una tenda Tuareg ha mangiato l’occhio di capra, a Nairobi il coccodrillo e in Uganda le cavallette il cui gusto – ci dice – assomiglia ai gamberi di fiume. Per storia di famiglia ama l’Africa. Fin da quando, agli inizi degli anni ‘30, Mussolini dette incarico a suo zio Amedeo di comporre due reggimenti di meharisti (reggimento di soldati sul cammello) in Libia. Ama molto la cucina speziata tanto che il piatto che preferisce cucinare è il pollo allo zenzero. Un semplice pollo arrosto, naturalmente con le zampe sporche, diviso poi in 4 porzioni, arricchito con polvere e ostie di zenzero e quindi ripassato al forno e servito con una salsa ottenuta da burro dorato con cipolla e polvere di zenzero. “Amo la campagna toscana, il vino del contadino o delle osterie e la cucina semplice di questa straordinaria regione”.
Ha iniziato a produrre vino già nella sua ex tenuta del Borro e oggi continua a farlo all’Isola di Pantelleria. D’altra parte i Savoia, che nel 1200 si imparentarono con i Borgogna, già facevano vino dal XIII secolo. Giusto l’isola di Pantelleria. Una terra che ha scoperto circa 15 anni fa e di cui si è subito innamorato. Tanto che oggi ha una casa con un giardino botanico di oltre 1.500 piante, un orto con rosmarino, salvia e menta, e da 6 anni produce un eccellente Passito di Pantelleria che sull’etichetta riporta lo stemma sabaudo. Nell’isola, anche se è stato ufficiale di Marina, non ama pescare ma fare immersioni. “Apprezzo il pesce ma anche la carne, in particolare la selvaggina”. Ed è strano come in famiglia soltanto le donne praticassero la caccia. Tanto che la nonna, Elena di Francia, detiene tuttora il primato delle zanne di elefante. Nel frattempo la domestica ci aveva servito un profumato caffè.