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Giardino Bardini

Un tempo di proprietà dei Mozzi sarà acquistato da Stefano Bardini solo nel 1913, quando il grande spazio chiuso tra i palazzi di via Bardi e costa San Giorgio, ma con una vista mozzafiato sulla città, verrà trasformato in un grande showroom en plain air. Riaperto nel 2005 è stato accolto nell’European Garden Heritage Network con sede a Dusseldorf e fa parte dei grandi giardini italiani. La sua è una storia tuttavia piuttosto complessa. Per secoli proprietà della famiglia di banchieri Mozzi verrà nei secoli diviso e smembrato e passerà di mano per poi tornare ancora ai Mozzi. Nel ‘300 era un Hortus conclusus, un orto murato, come ben si vede anche dalla pianta cinquecentesca di Bonsignori. Con il fallimento dei Mozzi, che come i Bardi e i Peruzzi avevano prestato soldi al re d’Inghilterra Edoardo III, che non li potrà restituire perché impegnato nella faticosa guerra contro la Francia, passerà al Comune. Il giardino nel ‘600 verrà poi diviso in due proprietà, di cui una verso Costa San Giorgio legata a Villa Manadora, realizzata da Gherardo Silvani e dove oggi sono ospitati i musei Capucci e Annigoni, oltre a essere luogo di mostre d’arte contemporanea. Al tempo intorno alla villa il giardino era organizzato a ragnaie di lecci e giardini geometrici ed era caratterizzato dalla grande scala barocca introdotta dalle statue di Vertumno e Pomona e tagliata da un viale che saliva zigzagando. Nell’800 i Mozzi ne riprendono una parte e vi costruiscono due padiglioni usati come Kaffeahaus, mentre Luigi Le Blanc divenne proprietario della parte a bosco che trasforma in giardino anglo-cinese e che si estende intorno alla villa. Fu Bardini, nel 1913 ad acquistarlo interamente dai Mozzi che lo avevano perso del tutto. E’ oggi inglobato nel percorso museale-geografico e storico con Boboli.

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