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Arturo Galansino

text Arturo Galansino

7 Ottobre 2021

Arturo Galansino presenta Jeff Koons. Shine

Il direttore di Palazzo Strozzi racconta la nuova mostra dell'artista statunitense

Jeff Koons. Shine continua la sequenza di esposizioni di Palazzo Strozzi dedicate ai più importanti protagonisti dell’arte contemporanea. La mostra indaga il concetto di riflettenza e luminosità delle opere dell’artista americano: Koons trova infatti nell’idea di ‘lucentezza’ (shine) un principio chiave delle sue sculture e installazioni che mirano a mettere in discussione il nostro rapporto con la realtà ma anche il concetto stesso di opera d’arte. Per Koons il significato del termine shine è qualcosa che va oltre una mera idea di decorazione e diviene elemento intrinseco della sua arte.

Jeff Koons portrait

Dotate di proprietà riflettente, le opere accrescono la nostra percezione metafisica del tempo e dello spazio, della superficie e della profondità, della materialità e dell’immateriale.  Di fronte alla sequenza dei lavori esposti sorprende la coerenza dei temi trattati e la ricerca formale, tecnica ed espressiva sviluppata da Koons in più di quarant’anni di carriera attorno a temi quali la de-gerarchizzazione delle immagini, il dialogo con la storia culturale, l’accettazione di sé e di ogni punto di vista estetico, il coinvolgimento dello spettatore, la spiritualità e la trascendenza. 

Balloon Monkey - Jeff Koons

L’autobiografia e la memoria hanno un ruolo importante nella sua pratica artistica. Nato nel 1955 in Pennsylvania da una famiglia della middle class, Koons comincia a dipingere copiando opere famose esposte dal padre nel suo negozio di design di interni. Dopo gli studi a Baltimora e Chicago, nel 1977 si trasferisce a New York e si dedica ai primi ready-made che univano Duchamp e Warhol, utilizzando specchi e cianfrusaglie tipiche della società dei consumi americana.

Jeff Koons

Da questa fase iniziale, la pratica del ready-made evolve verso la ri-creazione in materiali diversi, spesso specchianti, di oggetti comuni: una costante della sua pratica dalla metà degli anni Ottanta. Così dal coniglietto di plastica gonfiabile della prima serie Inflatables, si passa, con la serie Statuary, allo specchiante Rabbit (1986), idolo in acciaio inossidabile, materiale popolare, comune alla middle class. Un coniglietto da più di 91 milioni di dollari - l’opera più cara mai venduta di un artista vivente - tra le sculture più iconiche del secondo Novecento, di cui incarna pulsioni e contraddizioni. Statuary mescola opere ‘alte’ e colte ad altre ‘basse’ e cheap, cui la superficie polita conferisce astrazione ed erotismo. Rifiutandosi di creare arte elitaria, Koons utilizza immagini rassicuranti e familiari per cancellare il giudizio negativo sul gusto popolare: una democratizzazione che passa anche attraverso l’acciaio.  

Rabbit - Jeff Koons

La rimozione del senso di colpa è come un mantra per l’artista: rimuovere l’imbarazzo della media borghesia per i propri gusti estetici e, con la scandalosa serie Made in Heaven, rimuovere i sensi di colpa legati alla sfera sessuale. La serie Celebration, esplosiva nelle forme e nei colori, è legata alle ricorrenze che scandiscono la vita infantile e famigliare. Dietro a queste gigantesche sculture in acciaio inossidabile coloratissime sta un mondo di esperienze gioiose, tipiche della società consumistica occidentale. È il materiale a trasfigurarle, ingannandoci, perché appaiono leggerissime, uguali agli originali se non fosse per le dimensioni, e, anzi, platonicamente più vere, perché ideali. Questa serie inaugura una fase ‘barocca’, caratterizzata da prodigi di resa tecnica come le pesantissime sculture metalliche che sublimano le forme di salvagenti gonfiabili, metafora dell’esistenza umana perché contengono il respiro, quali Dolphin e Lobster.  

Lobster - Jeff Koons Hulk - Jeff Koons Balloon Dog (Red) - Jeff Koons

Nell’opera di Koons i riferimenti all’antichità, alla mitologia e alla cultura classica si fanno espliciti dalla serie Antiquity, con la quale unisce il passato alla contemporaneità, e con la serie Gazing Ball che annovera ‘copie’ di opere fondamentali per la storia dell’arte occidentale. La cura maniacale per le tecniche di esecuzione è dimostrata sia nella realizzazione delle sculture e dei dipinti, sia delle sfere di vetro soffiato blu, le gazing balls - un ornamento diffuso nei giardini delle periferie americane - che rifulgono in contrasto con il bianco dei gessi e i colori dei quadri, includendo, riflettendolo in una bolla di respiro umano, lo spettatore, all’interno di una lunga storia culturale. 

Gazing Ball (Rubens Tiger Hunt), 2015 (ph. Tom Powel Imaging, courtesy Gagosian)

Spesso per Koons, artista dei record, si sprecano i superlativi: il più grande, il più importante, il più influente, il più famoso, il più sovversivo, il più controverso, il più caro, il più ricco, il più criticato... confidiamo che la mostra di Palazzo Strozzi, con la sua indagine sopra e sotto la pelle delle opere, possa portare a inserire nuovi aggettivi in questa lista, ricordando che Koons ha lavorato per rendere l’arte più inclusiva, più aperta, più democratica, più spirituale. 

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