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Enoteca Pinchiorri

Teresa Favi

10 Febbraio 2020

La leggenda di Enoteca Pinchiorri

Giorgio Pinchiorri e Annie Féolde di Enoteca Pinchiorri. I 40 anni della coppia più gourmet del mondo

Lui chiama lei Anna, lei chiama lui Il Pinc. Sembrano, o forse lo sono davvero, i personaggi di una favola. Insieme da quarant’anni nella vita e nel lavoro, a osservarli nel loro palazzo fatato al n. 87 di via Ghibellinadanno l’impressione di volare.
Vanno e vengono, si alternano, si scambiano come lo yin e lo yang di un magico intero. Giorgio Pinchiorri,emiliano, e Annie Féolde, nizzarda, sono la miscela esplosiva di Enoteca Pinchiorri, 3 stelle Michelin,primo in Europa ad aver la corona di Wine Spectator dal 1984. Luigi Veronelli, che ha il merito d’averla scoperta, scriveva così dell’Enoteca Pinchiorri nell’ultima guida: Immensa, leggendaria, inimitabile cantina.

Nel libro Pinchiorri a due voci, in libreria dal 15 maggio, Leonardo Castellucci
traccia con mano biografica il "romanzo" di una bellissima avventura o, meglio, di due storie quella di Annie Féolde e quella di Giorgio Pinchiorri che si incontrano per diventare la Storia dell'Enoteca Pinchiorri. 224 pagine che raccontano la nascita e la crescita di una passione espressa attraverso eccezionali intuizioni culinarie, un'altissima
lezione di arte dell'accoglienza, un'esemplare enoteca. Noi li abbiamo incontrati.

 

Chi era Annie Féolde prima di diventare una grande chef?
Ero una ragazzina un po’ selvaggia sempre in cerca della libertà che avevo conosciuto in campagna dove viveva mia nonna, tanto che a 13 anni mia madre (centralinista al Negresco ndr.) decise di mandarmi in collegio.
E Giorgio ragazzino a Monzone di Pavullo?
Scorribande nei campi, vita contadina insomma, a volte difficile perché in casa avevamo poco. Mi ricordo che la cosa più emozionante era fare a gara con gli altri ragazzi del paese a intercettare sulla collina le Ferrari, in prova con il coolaudatiore, che sfrecciavano verso Maranello, che emozione e che corse!
Gusti della vostra infanzia?
A. I piatti della mia nonna materna, riusciva a fare cose straordinarie con niente.
G. L’uva Tosca, quella dalla scorza dura.
Cosa vi ha portato a Firenze?
A. La voglia di perfezionare l’italiano. L’avevo studiato in collegio, era la mia terza lingua. All’inizio non ne ero entusiasta, ma quando poi ho cominciato a studiare la letteratura è scattata l’attrazione fatale.
G. Mia mamma era la cuoca di una famiglia fiorentina, i Martelli, sei fratelli, che però vivevano a Palermo. Uno di loro si trasferì a Firenze e volle con sé mia madre.
Giorgio quand’è arrivata la folgorazione per il vino?
Lavoravo in Buca Lapi. Una sera vennero a cena Burt Lancaster e Antony Perkins. Gli furono serviti uno Chateau Mouton, un Lafite e un Brunello Biondi Santi. E loro non facevano altro che parlare del Brunello!
E l’Enoteca?
A Firenze c’erano già delle bottiglierie importanti. Una di queste era gestita da due fratelli che desideravano però aprire qualcosa di innovativo. Fu trovato questo spazio in via Ghibellina. Eravamo nel ’70. Venne chiamata Enoteca Nazionale. Mi assunsero come sommelier incaricato di cercare, scegliere i vini e farli assaggiare ai clienti. Vigevano regole abbastanza commerciali. Poi piano, piano ho iniziato a alzare il livello delle selezioni, puntando su grandi vini e sulle grandi novità, servendoli a bicchiere. Era l’idea giusta.


E quello che oggi è considerato uno dei dieci ristoranti migliori del mondo, quand’è arrivato?
Non c’era ancora niente legato all’idea di assaggi da accostare il vino. Poi, qualche cliente cominciò a dire “certo, se ci fosse qualcosa da mangiare non sarebbe male..”. Tempo un mese, mi organizzai con pane, formaggio, salumi. La regola era: poco ma solo il meglio.
Chi erano i primi clienti?
Il conte Riccardi, Guttuso con degli amici fiorentini, Carla Fracci che all’epoca era la fidanzata di un campione di pallanuoto della famiglia Bardi. E poi veniva spesso Luigi Veronelli...
E poi?
Nel ’72 arrivò Anna, decidemmo di ampliarci un pochino. Migliorò la cucina, perché era il suo lavoro. E il successo aumentò, proprio grazie lei, tanto da diventare più famosa la cucina che la bottiglieria…
Annie, quando sono arrivati i primi riconoscimenti?
Gino Veronelli è stato il primo a ricompensarci dei nostri sforzi con il suo ambìto Sole. Poi nell’81 è arrivata la menzione speciale della Guida Michelin, l’anno dopo la prima stella, e nell’83 la seconda. Poi la tanto desiderata terza stella 1993.

Quale ricordo conserva con più affetto Annie?
Alla fine di una cena che avevamo preparato noi per molti invitati, ci ritroviamo tutti introno al grande Paul Bocuse (l’inventore della Nouvelle Cuisine ndr.) che parla, racconta e alla fine conclude: ‘La Novuelle Cuisine è ormai finita, d’ora in avanti dovremo pensare alla cucina del territorio’. Era il 1982! Cioè eravamo solo agli inizi di questo nuovo modo di pensare la cucina! Rimasi scioccata e felice insieme, perché da quando avevo iniziato a costruire i miei piatti intorno ai vini scelti da Giorgio, mi ero sempre interessata alle tradizioni della cucina toscana e alla conoscenza e selezione delle materie prime locali. Ho continuato così fino ad oggi. 

Places

In questo articolo abbiamo parlato di Enoteca Pinchiorri

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