Le seduzioni dell’inverno
I piatti tipici della stagione fredda dalle Alpi alla Capitale
L’inverno è una stagione del cuore, del tempo per sé stessi e della buona cucina, le cui seduzioni in Italia sono generose e affascinanti. Sembra, infatti, che niente riesca a rappresentare l’Italia meglio delle sue tradizioni culinarie, esportate in tutto il mondo da anni. Ed è proprio durante l’inverno che queste tradizioni diventano ancora più evidenti e vive, trasformando pochi e semplici ingredienti in un vero e proprio trionfo di sapori. Ecco allora un viaggio a caccia dei piatti invernali perfetti e dei migliori indirizzi dove gustarli, capaci anche di tenere a bada il gelo e il cattivo umore.
Milano
Siamo nella capitale del risotto alla milanese, il riso giallo più famoso del mondo che è al centro ancora oggi di una continua evoluzione. Da Pietro Verri e la leggenda dello zafferano conosciuto come colorante e usato per decorarlo, all’uso di midollo e cervellata (ormai quasi estinta), fino alle versioni gourmet dei grandi chef. Tra quelli stellati c’è senza dubbio il risotto alla milanese con ragù ngoppa di Andrea Berton al suo ristorante Berton stellato (via Mike Bongiorno 13, tel. +39 02 67075801) e la versione colore dell’oro ma essenziale nella semplicità degli ingredienti dello chef Carlo Cracco al suo Ristorante Cracco (Galleria Vittorio Emanuele II, tel. +39 02 876774). Senza perdere di vista la tradizione pura con il mitico risotto della Trattoria Masuelli (viale Umbria 80, tel. +39 02 5518 4138), un indirizzo storico dove si riscopre una milanesità perduta. L’altra grande specialità, assai meno globalizzata del risotto, è la Cassoeula un piatto unico forte e robusto fatto con i resti del maiale meno nobili, luganega, costolette e verza. Solo negli ultimi anni è assurto a portata in cui anche gli chef stellati si cimentano nella sua rivisitazione. È il caso dello chef tristellato Davide Oldani da D’O a Cornaredo nei dintorni di Milano (piazza della Chiesa, 14, San Pietro all’Olmo, tel. +39 02 9362209) e di Carlo Cracco. Per la versione classica l’indirizzo giusto è l’Antica Trattoria della Pesa (via Pasubio 10, tel. +39 02 6555741) locale storico che risale al 1880.
Venezia
In laguna il piatto forte dell’inverno è il baccalà mantecato, cotto e ridotto in crema, con l’aggiunta di olio, sale, pepe, prezzemolo, aglio e latte. Si trova in qualsiasi bàcaro che si rispetti, servito sulla polenta o crostoni di pane insieme ad altri sfiziosi cicheti e a ombrete di vino: per iniziare col piede giusto un viaggio lagunare, ecco dove gustarlo. Al Covo (campiello de la Pescaria 3698, tel. +39 041 5223812), o in forma più informale dei chicheti, chiamano gli stuzzichini per l’aperitivo dove il baccalà mantecato non manca mai, nei tipici bàcari Al Ponte (Cannaregio 6378, tel. +39 041 520 2747) o all’Enoteca Mascareta (calle Lunga Santa Maria Formosa 5183, tel. +39 041 523 0744).
Cortina
I casunziei sono il vero piatto tipico di Cortina: ripieno vegetale a base di barbabietole e abbondante burro di malga. Si mangiano un po’ ovunque, dai rifugi ai grandi ristoranti La parola casoncelli deriva da casereccio indica la natura di questa ricetta fatta con i pochi e semplici ingredienti che un tempo erano a disposizione di tutti. Un piatto molto diffuso ancora oggi e apprezzato dagli ampezzani e dai turisti. Sono fatti con pasta fresca all’uovo, sottilissima, e sono ripieni di barbabietole rosse, serviti con burro fuso, abbondante parmigiano grattugiato e semi di papavero. C’è chi ama aggiungere della ricotta nel ripieno. I più tradizionalisti impegano al posto delle rape rosse le rape bianche, ormai rare, ma sono l’ingrediente segreto in molti ristoranti. Fabio Pompanin è chef e titolare del ristorante Per gustarli al top non indugiate e scegliete tra i ristoranti Al Camin (località Alverà 99, tel. + 39 0436 862010), Villa Oretta (località Ronco 115, tel. +39 0436 866741) o alla Baita Fraina (località Fraina 1, tel. +39 0436 3634).
FIRENZE
Tra i piatti più tipici e antichi di Firenze c’è la ribollita, specialità invernale perché il suo ingrediente fondamentale è il cavolo nero che per essere colto al punto giusto ha bisogno delle gelate invernali. è una zuppa di pane raffermo e verdure (cipolle, carote, sedano, cavolo nero, verza e fagioli bianchi. Un piatto più da trattorie che da ristoranti gourmet. Ribollite immancabili sono, nel centro storico, quelle della Trattoria Mario (via Rosina 2r, tel. +39 055 218550) dove si mangia solo a pranzo e nei giorni feriali, e di Cibreo (Via del Verrocchio 8r, tel. +39 055 2341100), o il più economico Cibreino, dove Fabio Picchi la prepara con metà fagioli interi e metà passati e la serve condita con olio, pepe e una spolverata di parmigiano. Mentre nella periferia nord di Firenze è un’ottima ribollita quella da Burde (via Pistoiese 154, tel. +39 055 317206).
L’altro caposaldo della cucina nata sulle rive dell’Arno è la famosa bistecca alla fiorentina. Si tratta del filetto e del controfiletto del bovino che include l’osso a forma di T con la carne su tutti e due i lati. E’ un taglio costoso, tenero che deve cuocere rapidamente su un letto di carboni ardenti oggi sempre più rari, sostituiti da forni e piastre speciali. Fanno eccezione a queste nuove pratiche la Trattoria Sostanza (via del Porcellana 25r, tel. +39 055 212691) dove la bistecca viene cotta sulla cucina economica, senza fornelli, su brace di legna e Buca Lapi (via del Trebbio 1r, tel. +39 055 213768) che serve la vera Fiorentina nel filetto, alta quasi a esagerare, cotta su brace di legna di ulivo. Per una bistecca stellata si vada al ristorante Il Palagio del Four Seasons Hotel Firenze (Borgo Pinti, 99, tel. +39 055 26261) dove lo chef Vito Mollica serve solo Chianina autentica, quella della macelleria Fracassi del Casentino.
Roma
Carbonara, amatriciana e gricia sono i tre primi piatti cult della cucina romana. Semplici e robusti, adatti ai freddi dell’inverno. La pasta alla gricia è un’amatriciana senza il pomodoro. Ottima quella della storica trattoria Da Armando al Pantheon che la prepara alla maniera classica: spaghettoni con guanciale e pecorino romano Dop non troppo stagionato (salita de’ Crescenzi 31, tel. +39 06 68803034). Altra gricia da Oscar è quella della Salumeria Roscioli, vicino a Campo de’ Fiori. Il segreto? Dicono la padella di ferro, rovente, in cui viene fatto sfrigolare il guanciale di Montecorvo (via dei Giubbonari 21, tel. +39 06 6875287). Anche nello stellato Moma si può mangiare questo piatto tradizionale nell’interpretazione del giovane e talentuoso Andrea Pasqualucci: chitarrini Verrigni, guanciale di Amatrice e cacio sbronzo, ovvero pecorino affinato nel mosto d’uva, che conferisce morbidezza e delicatezza al piatto finale (via di San Basilio 42, tel. +39 06 42011798). La coda alla vaccinara è un altro piatto cult della Roma più autentica. La coda dei bovini è una parte quasi sempre scartata perché difficile da cucinare. Ma nella città del cupolone, nel corso dei secoli, è diventata protagonista di uno dei piatti più conosciuti della tradizione gastronomica locale: la coda alla vaccinara. E’ un’occasione d’assaggio fuori dal Tempo quella della piccola trattoria storica nel cuore di Trastevere, Da Enzo al 29. Non si prenota, quindi armatevi di pazienza e preparatevi alla… coda, ma ne vale la pena (via dei Vascellari 29, tel. +39 06 5812260). Da Checchino dal 1887, ristorante è nato insieme al Mattatoio più di centotrenta anni fa, la coda alla vaccinara cucinata dai fratelli Mariani sembra avere una marcia in più, come quella dell’Osteria del Velodromo Vecchio, una trattoria di quartiere dalla cucina tipica e generosa (via Genzano, 139, tel. +39 333 5855055).