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18 Giugno 2015

I capolavori degli Uffizi

28 opere, mille storie. Ce le racconta Antonio Natali, direttore della Galleria

Un elenco di Bellezza, quella senza tempo che racconta la storia dell’arte non attraverso le parole ma attraverso immagini di grande equilibrio e fascino. E’ quello stilato da Antonio Natali, direttore degli Uffizi, nel 2008 ha selezionato la lista di capolavori Inamovibili del grande museo fiorentino e ha anche deciso di sancire una serie di principi riguardo agli spostamenti delle opere – “ perché le regole si possono infrangere i principi no “.

E alla domanda su quali siano le regole, Natali risponde senza esitazioni:
“Innanzitutto lo stato di conservazione e l’importanza dell’opera richiesta nel contesto del museo, ma poi anche il valore scientifico della mostra per cui si chiede il prestito” .

Ma nella lista degli Inamovibili si prescinde anche da questi principi: “Sono ventotto opere che non dovrebbero uscire mai dagli Uffizi, perché sono qualificanti della Galleria e sono quelle che ciascun visitatore si aspetta di trovare qui. Una lista stilata in ossequio alla legge” ci spiega ancora Natali. E non che il direttore sia contrario alle esposizioni: la divulgazione è importante, e ne è un esempio tangibile il progetto La città degli Uffizi che promuove mostre sul territorio.

Così come lo sono le tante rassegne che da Firenze sono partite per raggiungere anche Paesi lontani, come il Giappone e la Cina; dove però sono andati quadri per lo più dei depositi. Se le opere di quella lista non possono varcare i confini nazionali per legge, non dovrebbero – secondo Natali – neppure andare a mostre in Italia, proprio perché chi viene agli Uffizi (specialmente quelli che sono partiti dall’altro capo del mondo) ha diritto di trovarli nelle stanze del museo. “Nella Sala 2, in questo periodo interessate dal restauro architettonico e dal riordino museografico, sono esposte le tre Maestà di Cimabue, Duccio di Buoninsegna e Giotto (tre opere che fanno parte dell’elenco degli Inamovibili, e che torneremo a vedere nel mese d’aprile, ndr). Per non spostare le tre opere e consentire i lavori di riassetto della sala si è resa necessaria la costruzione di monumentali contenitori speciali, capaci di proteggerle e mantenere un idoneo microclima”. 

Anche nel periodo dell’Expo saranno quindi visibili ben 27 delle 28 opere che figurano nell’elenco. Unica assente: l’Adorazione dei Magi di Leonardo, che farà rientro al museo al termine del restauro in corso presso l’Opificio delle Pietre Dure.

Per voi, con l’eccezionale guida di Antonio Natali, abbiamo fatto una lunga visita per guardarli da vicino e capire perché chi viene qui cerca queste opere.

Il primo che incontriamo è il Dittico dei Duchi di Urbino, 1465-1472 circa, di Piero della Francesca. “Come si vede, le dimensioni sono tali che potrebbe essere spostato senza nessun problema e non conta neanche la Bellezza in sé dell’opera” ci spiega il direttore.

E a questo punto si impone una riflessione, che nelle parole di Antonio assume uno spessore che va anche oltre la visita che stiamo facendo: “ Del resto la bellezza comunemente intesa è, per tutti, qui nella stanza accanto, nella Nascita di Venere e nella Primavera di Sandro Botticelli. Ma io sono davvero l’unico, con un animo così,passionale, da preferire il Rosso a Botticelli? O l’arte è ridotta a mero feticcio, complice anche il declino dell’insegnamento della storia dell’arte nelle scuole? Se non si comprende che ogni dipinto è un testo poetico (che si esprime in figure invece che in parole), un testo dove c’è una trama, legata al tempo e al pensiero in cui è stata creata, chi viene qui vede soltanto immagini colorate …”.

Una visione che coinvolge e stravolge anche i canoni con i quali siamo arrivati qui, tanto da passare velocemente davanti alle bellissime donne di Botticelli – dove una troupe asiatica sta facendo delle riprese “perché loro, che forse hanno meglio di noi compreso il valore didattico dell’arte, fanno mostre anche con le copie o con le proiezioni.”

Sorride Natali – per soffermarsi sul paesaggio del Battesimo di Cristo di Leonardo da Vinci e Andrea del Verrocchio. La mano di Leonardo si riconosce nell’angelo di profilo riccamente vestito e nell’acqua che bagna i piedi del Cristo e di Giovanni Battista : “ Abbiamo visto con gli infrarossi che qui c’era un paesaggio tipico dell’epoca, una natura da giardino di villa suburbana. Leonardo allagò tutto creando un padule come quello di Fucecchio. – ci spiega il nostro Cicerone – Ma anche qui è impossibile non porsi degli interrogativi sulla trama: c’è una colomba bianca che mette in fuga un uccello rapace (perché quello è davvero un uccello rapace, lo si vede dal becco adunco e dagli artigli ritorti). E in natura una colomba non mette in fuga un rapace; semmai si dà il contrario. Evidente che parliamo di simboli … E’ – come scrivono gli esegeti delle Scritture – lo Spirito Santo che sconfigge l’eresia e il peccato. E poi i due angeli, che in realtà sono un angelo e un arcangelo: come non sospettare che siano due figure fondamentali del dipinto e che l’opera stessa possa essere un tributo a San Michele Arcangelo? Proprio la figura dipinta da Leonardo; che è titolare della chiesa San Salvi per la quale venne eseguita l’opera. Ma se nessuno spiega queste cose, siamo di fronte a figurine Panini”.

Continuiamo: davanti agli occhi il Tondo Doni, in una sala che è un miracolo di equilibrio immerso in un rosso intenso e pieno “L’intuizione più felice di questa stanza è la statua in posizione centrale. Non una qualunque, ma la Cleopatra, che - come dice Vasari – fu tra quelle capaci di dare il via alla Maniera Moderna insieme al Laocoonte e all’Apollo del Belvedere. Guardate la relazione forte e struggente tra il Tondo e il marmo ellenistico..”.

Seguiamo con Sant’Anna Metterza di Masaccio e Masolino, sintesi perfetta del primo Rinascimento fiorentino, in cui si riconosce chiaramente il tratto di Masaccio nella figura della Vergine e del Bambino; la Sala della Niobe, una galleria di sculture con l’abbraccio della Niobe e della figlia minore di una bellezza da togliere il fiato.

E poi Tiziano: una Venere che guarda provocatoria verso lo spettatore e che racchiude tutti gli stilemi mitologici ma è inserita in un ambiente moderno, da interno domestico rinascimentale.

La Madonna dal collo lungo è un’opera incompiuta del Parmigianino, anche questa nella lista degli Inamovibili.

Di Raffaello Sanzio sono presenti ben due opere: la Madonna col Bambino e San Giovannino che nella testimonianza di Giorgio Vasari fu dipinta da Raffaello per l’amico Lorenzo Nasi, mercante fiorentino, in occasione delle sue nozze con Sandra Canigiani; e il Ritratto del papa Leone X con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi che ritrae Giovanni de’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico e Papa dal 1513, fra i cardinali Giulio de’ Medici futuro Papa Clemente VII, a sinistra, e Luigi de Rossi, suo cugino, a destra. 

La Medusa del Caravaggio irrompe potente al termine di una infilata di porte che gli fanno da cornice. Ventotto capolavori che chi viene agli Uffizi si aspetta di trovare, per la loro bellezza ma anche perché ci sono mille storie e simboli dietro ciascuno di essi che li legano a questo luogo.  

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