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Dante Alighieri
23 Marzo 2023

Come era Firenze ai tempi di Dante

Sulle tracce del Sommo Poeta. Portiamo indietro le lancette del tempo per vivere la nostra città con gli occhi del padre della lingua italiana

Se Dante tornasse a Firenze ora non solo farebbe fatica a riconoscerla, ma si smarrirebbe nell’atmosfera fin troppo ovattata. La Firenze di messer Durante di Alighiero degli Alighieri, di cui si celebrano i 700 anni dalla morte, era una città in grande fermento urbanistico. Se vuoi scoprire i 10 luoghi di Dante a Firenze, clicca qui, qui invece il nostro itinerario alla scoperta delle rappresentazioni più belle del poeta in città.

La statua di Dante Alighieri vicino alla Basilica di Santa Croce

E allora per non rischiare di far smarrire il sommo poeta non ci resta che chiudere gli occhi e mandare indietro le lancette del tempo. E naturalmente riaprirli in piazza del Duomo. Anzi all’ombra del Battistero. Uno dei pochi punti fermi per Dante. Era infatti uguale a oggi, tolte le porte che Dante conosce di legno. Ed è parlando del suo “bel San Giovanni” che incontra l’odiato papa Bonifacio VIII, colpevole di simonia e soprattutto fautore del suo esilio. Ed è probabilmente nei mosaici del Battistero che Dante trae ispirazione per il suo Inferno dove Satana trangugia i dannati. Ed è sempre qui che Dante si renderà protagonista di un gesto eroico: salverà un bimbo dall’annegamento nel grande fonte battesimale. Oggi ne resta la sagoma, ma doveva essere davvero grande e profondo. Altrettanto ingombro di tombe e sarcofagi era lo spazio tra il Battistero e santa Reparata.

Battistero San Giovanni Firenze

Dante forse fa a tempo a vedere la nuova facciata del Duomo di Arnolfo, ma solo quella. Prima che lui vada in esilio, nel 1301, non c’era il campanile e si era appena iniziata la fiancata della cattedrale, che non poteva essere completata verso l’abside perché non ancora comprate e poi confiscate le case ai Bischeri.

Cattedrale di Santa Maria del Fiore, Firenze


Una volta prese le viuzze tra piazza Elisabetta, via del Corso, via Santa Margherita ci si trova nel bel mezzo della città dantesca. Ma Dante non ritroverebbe casa sua. Infatti l’attuale Casa di Dante è novecentesca e le Torri dei Giuochi non erano le torri dove nacque il nostro poeta. Probabilmente distrutta, la dimora degli Alighieri pare si trovasse lungo via dei Tavolini-piazza dei Cimatori. Resta, e in ottimo stato, la torre della castagna. Così chiamata perché ospitava i priori che qui ci stavano chiusi per due mesi e perché votavano usando le castagne.

Casa di Dante La targa sulla torre

Così come riconoscerebbe la chiesetta di Santa Margherita dei Cerchi. Chiesetta galeotta perché è qui che Dante avrebbe incontrato la sua Beatrice. E dove la bella figlia di Folco Portinari si dice sia tumulata. Vero o falso non ha importanza, visto che chili di bigliettini d’amore e di speranza vengono depositati ogni anno da innamorati sulla sua presunta tomba.

Così come il nostro poeta stenterebbe a ritrovarsi in piazza della Signoria. Già, perché lui l’aveva vista con le case dei ghibellini Uberti rase al suolo e con un ammucchio di case e casette costruite dove ora c’è la loggia dei Lanzi e a ridosso della gran chiesa di Santa Cecilia dove ora c’è Rivoire.

Piazza della Signoria (ph. Lorenzo Cotrozzi)

Ma se forse riuscì a vedere giusto le prime pietre di Palazzo Vecchio, rimarrebbe basito nel non trovare più San Pier Scheraggio. La chiesa dove i priori si riunivano e parlavano alle assemblee di Popolo fu distrutta dal Vasari per costruire gli Uffizi, e il pulpito da cui parlò il Dante priore è oggi alloggiato nella chiesetta di san Leonardo in Arcetri.
Il vecchio mercato del grano ai tempi di Dante non era ancora sotto la tutela delle arti ed era solo una loggiona coperta dove però panettieri venditori di granaglie si ritrovavano ogni sera a cantare le laudi alla Madonnina che aveva già fatto dei miracoli.

Galleria degli Uffizi

Città meno luminosa e con le fogne a cielo aperto. Ma città in pieno sviluppo quella vissuta da Dante. Era il cuore pulsante della produttività e dell’economia europee. Repubblica fiera governata dalle Arti. E Dante ne divenne non solo l’attento cronista ma anche il grande censore. Caustico, irriverente, non si limitò a mandare gli amici come i nemici all’Inferno. Vivi e morti metteva tutti in quel gioco di simboli quasi cabalistici (il 33, gli anni di Cristo e i suoi, ripetuto tre volte) e di numeri che fu la Commedia. Scritta in volgare perché la potessero capire anche mercanti e artigiani. E soprattutto fu lui che rese visibile il Purgatorio. Una necessità, per dirla alla Jacques Le Goff, della nascente classe borghese medievale che aveva bisogno di guadagnarsi, almeno a rate, un posto in Paradiso.

Il busto di Dante

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